Oh, if you would and you could come blow your horn on high.


Messaggio ricevuto da Mordecai il giorno 31 Ottobre 2013 alle 17:55
Missiva zona off-cortex

[Missiva zona off-cortex, trasportata tramite il sistema di posta militare]

André Vandoosler.
Sono molto viva, e integra. Siamo settantasei virgola sette miglia a nord di Hansburgh, e nel campo ci sono duecentotredici feriti al momento. Spero che anche tu sia molto vivo ed integro. E anche Moloko. E anche gli altri.
La guerra è molto faticosa perché bisogna ricucire molto e fare finta che andrà tutto bene per calmare qualcuno che sta per morire. Sarebbe molto più facile se tutto andasse al contrario. Se i proiettili richiudessero la pelle invece di aprirla.
Fai molta attenzione, perchè le cose non vanno al contrario e di solito i proiettili aprono la pelle. E anche quello che c'è sotto.

Mordecai Adler
Medico di bordo
Temporaneamente, 7th Array di Polaris

This road goes on and on.


23 ottobre 2515 | Bullfinch

Un buio così nero e uniforme André non ricorda di averlo mai visto prima. Si estende senza profondità, non ha dimensioni, non ci si può muovere dentro. Da qualche parte, dietro il buio senza direzioni, c'è un cuore che pulsa arrancando, esausto, e fa tremare le pareti inconsistenti dell'oscurità. È questo terremoto distante e inafferrabile, forse, a spaccare la superficie omogenea del nero lungo una crepa sottile di luce, frastagliata come il ramo di un albero fotografato in negativo contro il cielo.
André impiega un tempo indefinito a rendersene conto, ma conosce ogni segmento irregolare di quella crepa. È una cicatrice.
Ne ha vista una identica percorrere la nuca di Mordecai, sotto il tappeto biondo dei capelli rasati.
Vorrebbe sfiorarla con le dita, ma non riesce a muoversi.
Non è nemmeno sicuro, in tutta franchezza, di avere ancora delle dita, ma a un tratto il nero si rovescia, ribaltando l'assenza omogenea di punti di riferimento. Si squassa, sciabordando da una parete all'altra del suo cranio. Il cuore sepolto nel buio ha un'impennata, rimbomba, poi si affievolisce.
I lembi della cicatrice si schiudono lentamente, luminosi nell'oscurità, riaprendo una ferita di luce sempre più profonda, sempre più vicina.
“Se di colpo vi trovate al buio dentro a un tunnel, e se vedete una luce... non seguitela.”
Il timbro della voce è familiare, nonostante il crepitare sconnesso della frequenza cortex, e il non riuscire a ricordare da dove venga lo spinge a fondo in un'angoscia pastosa.
“Prova a crepare e ti ammazzo.”
A una voce si accavalla l'altra, che è più concreta e, allo stesso tempo, più distante. André vorrebbe ridere, non sa perché, ma non è sicuro di avere i polmoni, o una bocca per farlo. La ferita pulsa di luce bianca, cresce a dismisura, bruciando le distanze inesistenti come una bocca affamata, finché nel fondo della sua gola di luce si srotola una lingua di prato. Guance d'alberi.
Il cuore batte sotto l'erba fresca della radura e un bambino biondo, che avrà sui tre anni, strappa margherite con enfasi gloriosa per allungarle fra le dita bianche, infinitamente affusolate, della ragazza bruna accovacciata al suo fianco.
Costanza intreccia una ghirlanda di corolle bianche e gliela posa sui capelli d'oro.
“La corona del principe Patrice.”
Poi solleva il viso ovale, strattonando il mento per spingere addosso ad André due occhi azzurri e stupefatti. Rimane interdetta a lungo, come stentasse a riconoscerlo. Poi sorride in una maniera che lo squaglia dentro.
“Sei arrivato presto, Andre... - gli angoli della bocca vacillano, ma gli occhi trasparenti sono fermi e lo passano da parte a parte. - Non ti aspettavamo, corazon.”
Prova a parlare, ma ha la gola piena di lava fusa.
Patrice non lo guarda, continua a strappare margherite bianche, gialle. Crochi gialli.
Costanza scrolla la testa, allontanando dal viso una lunga ciocca scura in punta di dita. Deglutisce, stringendo le labbra, poi sorride.
“Non importa, vale? Oggi o domani, il tempo qui non conta niente.”
Non sembra proprio felice di vederlo.
“...il Signore non ha nessuna voglia di vedere le vostre facce prima del tempo.”
A ricordarglielo è la stessa voce che filtrava dal cortex, e adesso proviene dall'adolescente bruno che gioca con suo figlio, accomodandoselo con noncuranza sul ginocchio e tenendogli le mani minuscole nelle proprie troppo grandi. Ha occhi verdi ed enormi dal taglio quasi a mandorla, e André ricorda di averlo visto esplodere in mille brandelli di carne.
Jonatha Davenport incrocia le gambe sul prato e si stringe nelle spalle, mastica un sorriso sghembo mentre la luce si restringe, inghiottita dal buio.
“Non hai ancora finito di soffrire.”

La testa di André rimbalza contro la schiena larga di Renee assieme al mauler che sferraglia, tra le scapole, per ogni passo energico, sporco di urgenza viva, mosso attraverso la giungla invischiata di notte. Il marrone dei coats sovrapposti si tinge di rosso dove il perforante ha passato il costato da parte a parte. Bolivar quasi non sente, fra i sussulti indelicati dei muscoli, la contrazione che investe l'addome e le spalle del 'tracker, rovesciandogli fuori dalla bocca un gorgoglio pastoso e una boccata di sangue.
Qualcosa gli dice, tra pelle e cuore, che Vandoosler sta cercando disperatamente di respirare.
Sorride, accelerando a testa bassa.






But the sunrise we'll see,
but the sunrise we'll see again.

I get by with a little help from my friends.


Messaggio ricevuto da Moloko il giorno 11 Ottobre 2013 alle 03:46
On:cortex

[Andrè riceve allegata al messaggio una foto di risoluzione mediocre, di quelle possibili per un pad di qualità media. La foto è presa dall'alto in basso, un po' mossa, ma abbastanza nitida grazie alle luci al neon della stiva della Almost Home. La foto raffigura in primo piano Bolivar, Moloko (che tiene in mano l'obiettivo) e, al centro, Jack the Goose, tutti e stre sul pavimento. O meglio, l'oca è sotto il braccio destro di Renee, come un sacco di patate, ed ha un'aria piuttosto spiumata. Al collo ha diversi anelli, di rame, reperiti chi sa dove, la cui ragione di esistere potrebbe risultare oscura; Renee, in parallelo, fa una faccia a metà tra il perplesso, il contrito e il divertito, a bocca mezza lente (tanto per cambiare), con qualche piuma in mezzo ai capelli. Naturalmente non guarda in macchina, perchè non capisce bene cosa deve fare (ed è chiarissimo dall'espressione). Cortes, invece, tiene la gola dell'animale (l'oca, non Bolivar) con la sinistra, muso affiancato al suo, in un'aria di trionfante conquista; se non fosse che anche lei è a bocca non lente, ma proprio aperta, perchè deve avercalibrato male lo scatto tempisticamente]
...
[a intervalli irregolari (ma frequenti), Andrè riceverà foto completamente decontestualizzate di oggetti a caso. Sedie. Bottiglie. Pezzi di Almost Home. Scarpe. Occhi chiusi di Bolivar. Mezzo sorriso di Cortes. Il buio. eccetera]

Now that she's back in the atmosphere with drops of Jupiter in her hair.


1 ottobre 2515 | Bullfinch

Sotto i letti della cabina 9d si sta come nelle tane delle volpi.

André ci pensa sdraiato sul tetto nero della Lazarus, lucidato dalla pioggia che gli inzacchera le ossa mischiando pelle e vestiti sotto la cortina di nuvole viola. Mastica il filtro di una sigaretta spenta, piegata dall'acqua, invischiato nei brividi di freddo che gli mordono le braccia e scacciano in un angolo la nausea. Cento schiavi-soldato che avranno l'età di Philip gli passano in formazione sul retro delle palpebre, con le loro divise nere, se si azzarda ad abbassarle. Se con gli occhi della mente si allontana, le divise nere si mischiano e perdono definizione, allungandosi nei tatuaggi da teschio di Cristobal e spingendogli un brivido caldo giù per le vertebre.
Cento schiavi-soldato che avranno l'età di Ezra, e la stessa apparenza inviolabile – è questa somiglianza, del resto, a coagulargli nello stomaco la certezza che non esistano macchine di morte, ma solo ragazzi che qualcuno ha voluto rendere molto soli.
Nulla rattrappisce l'anima di un uomo come l'assenza di scelte.
André sputa via la cicca fradicia e tira giù la nuca, appoggiando la testa contro il metallo. Allarga le braccia, premendo il dorso delle mani sul guscio umido del brigade nato due volte e respirando i sogni del motore spento, del core pulsante di radiazioni addormentate.
Gli occhi di Cristobal sono pieni di scelte, della paura di sbagliarle tutte, dell'ostinazione necessaria ad operarle una per una. L'inerzia non è davvero fatta per l'uomo che ha ossa e muscoli sotto gli occhi di tutti, ma nessuno sa che sapore abbia la pelle sotto quelle ossa.
A bocca aperta, leccandosi le labbra, André raccoglie il gusto fresco della pioggia e mastica lo stesso sorriso con cui si è infilato nel letto di Mordecai dopo il matrimonio di Bolton, mentre Moloko dormiva, per massaggiarsi le costole indolenzite dall'insistenza impietosa del gomito di Cortes e affondare il muso nel cuscino, immaginando un corpo caldo e ossa sporgenti che lo flagellassero nel sonno.
Nel sonno, intanto, si impastano gli schiavi bambini di Clackline, gli spigoli di Mordecai e i serpenti d'inchiostro sul collo di Cristobal, pestati insieme dal martellare ipnotico della pioggia.


Mentre il cielo esplode di rosso e le batterie laser balenano dietro le nuvole, sul tetto della Lazarus si sta come sopra a un cuore d'acciaio.




Tell me, did you sail across the sun?
Did you make it to the milky way, to see the lights all faded
and that Heaven is overrated?

But tell me, did you fall for a shooting star?
One without a permanent scar,
and did you miss me while you were looking for yourself out there?

Nice day for a white wedding.


29 settembre 2515 | Bullfinch

– Bolton è un gran pezzo di figo con quel vestito addosso.
Moloko bisbiglia concitatamente, tutta sporta verso di lui sulla panca della chiesa. André se la sente fiatare contro l'orecchio mentre rovescia gli occhi luccicanti sull'altare, oscillando con aria trasognata fra il pilota orbo e la ragazza stretta nelle trine dell'abito bianco.
– Anche la sua signora non è… ma… le.
Trascina la conclusione, slittando meccanicamente le pupille fino al testimone dello sposo. Wright non può averlo sentito, ma il 'tracker ha comunque l'impressione, quando l'ufficiale lo guarda, che un punteruolo da ghiaccio gli stia grattando le vertebre. Mastica un sorriso dolciastro, platealmente innocente e vagamente allucinato.
Moloko sgrana gli occhi e scuote il caschetto biondo, mandando all'aria il paio d'ore che Jack ha impiegato a darle un aspetto dignitoso.
– Te la sei fatta?
– Putain? …no.
La 'leafer lo strattona per il colletto della camicia buona.
– Cristo, te la sei fatta.
– Dieu, no! …quale parte di 'enne, o' non ti è chiara?
Allarga le palpebre, scaricandole in faccia il nero degli occhi stupefatti, esasperati dai passi della Bibbia (è il terzo? Il quarto?) su cui il reverendo continua ad attardarsi, e dalla maniera in cui Moloko minaccia di scucirgli il bavero: ha spinto il naso contro la sua guancia, colandogli un brivido lungo la schiena quando gli preme la bocca sopra l'orecchio.
– Sei sicuro?
– Putain… - scuote la testa ispida, precariamente ordinata, annaspando in cerca d'aria con una smorfia sopraffatta. - Mortalmente.
Cortes gli schiocca un bacio sulla guancia e lo lascia andare.
Sembra che il prete si sia deciso ad arrivare al sodo.

Trying not to be sick again and holding on for tomorrow.



Messaggio ricevuto da Moloko il giorno 18 Settembre 2013 alle 19:22
[Ammaccato tra le lenzuola c'è una scatola di legno con delle incisioni, serpenti sottili, graffiate da un coltello impreciso. L'interno è completamente vuoto, a guardare bene c'è un foglietto macchiato da una scrittura marcata. Avrai la strana sensazione che la fretta usata per scrivere e nascondere l'oggetto siano in qualche modo correlate a un robusto panico]

Finché il vento soffierà, tu divamperai. E' questo il problema.

[ nessuna traccia di firma se non l'impronta del fango]





Then Susan comes into the room,
she's a naughty girl with a lovely smile,
says 'let's take a drive to Primrose Hill,
it's windy there and the view's so nice.
London ice can freeze your toes
like anyone I suppose,
I'm holding on for tomorrow …'

And how can I new again what rusts every time it rains?


17 settembre 2515 | Greenfield

Ogni calcio esplode nel fianco come una fucilata, ora che è ridotto carponi nel fango, e il terzo bacio dato in punta di stivale è quel che gli ci vuole per schiantarsi contro il muro posteriore del saloon.
You filthy dog. Ti è passata la voglia di ridere, ah.
Un grumo vischioso di saliva si mescola, sulla sua guancia, alle gocce di pioggia che diluiscono il sangue colato dal naso, fra le labbra, fin dentro lo stomaco. André non è sicuro di avere qualcosa di rotto, ma non è nemmeno sicuro che gli sia rimasto niente di intatto.
Chiedere a Jimmy Coleridge se non volesse anche lui la sua dose, dopo avergli scopato la moglie, non è stata un'idea brillante. Ma è giusto così, il dolore lava via l'angoscia dal cervello.
Persino la nausea è solo un'eco distante, sepolta sotto il pulsare della carne tumefatta.
Enough, Jimmy, così ci resta secco.
L'aria è satura di pioggia scrosciante e del vociare ovattato di troppe voci.
– … non ne vale la pena. Guarda come striscia, Jimbo, questo non si rialza più.
Tra le palpebre socchiuse, André riesce a malapena a distinguere il grumo di segmenti sfocati che è il viso dell'uomo piegato sopra di lui, e a malapena ne avverte la presa sui capelli quando lo costringe a rovesciare il muso verso l'alto. Gli piove in faccia un altro bolo di catarro prima che possa tornare ad afflosciarsi indisturbato, ingoiando confusamente il suono dei passi che si trascinano nel fango morbido e freddo che lo tiene invischiato a terra.
Sputa una gragnola di colpi di tosse, che rimbombano dolorosamente fra costato e mandibole, e si trascina lentamente carponi.
Sessantadue ore, approssimativamente, allo scadere dell'obbligo di firma.
Circa quante, trecentoventi? Trecentocinquanta, per arrivare su Hall Point e procurarsi una dose che squagli via le bocche che lo mangiano da dentro. Ha disastrosamente perso il conto dei giorni d'astinenza, e ha scoperto che il sesso non è un palliativo sufficiente. Non quanto il dolore, e la testa gli fa così male che quasi non riesce a ricordare perché fosse tanto angosciato, la notte scorsa. Il cadavere ghignante in riva al fiume, un'altra delle migliaia di vite non salvate che gli spappolano il cuore. Sputa via il molare che ha rischiato d'ingoiare, addossando le scapole al muro e rovesciando indietro la nuca, un grumo di carne palpitante, per sbirciare le nuvole gravide oltre il cornicione delle case.
– Io questa cosa non la posso fare, Jack.
Chiude gli occhi.
Quant'erano, trecentoquaranta ore?






If we could learn how to freeze ourselves alive
we could learn to leave these burdens to burn.

Sometimes it's like someone took a knife, baby edgy and dull, and cut a six-inch valley through the middle of my soul.


4 settembre 2515 | Greenfield

– Sai cos'è l'orizzonte degli eventi?
– … quello che succede in un buco nero?
– È un limite oltre il quale la velocità di fuga è pari a quella della luce. La velocità di fuga è ciò che occorre per sfuggire all'attrazione gravitazionale di un corpo celeste. Sai cos'è più veloce della luce? Niente.

Il sole bombarda le palpebre e le tinge di un rosso palpitante, pungolando la coscienza fuori dalle ossa come l'erba ispida gli punge la guancia spalmata di terriccio. Al primo lampo bianco si accoda il tremore sfocato del paesaggio investito dagli albori del giorno, rilucente di un alone immacolato che gli fa contrarre dolorosamente le ciglia.
André si tira a sedere contro la staccionata, stropicciando le palpebre col palmo delle mani, e spinge le dita fra i capelli nel tentativo vano di riordinare i pensieri assieme alle ciocche umidicce di rugiada.

– Concludiamo così che nulla di ciò che vi capita all'interno riesca poi ad uscirne, e che l'orizzonte degli eventi può essere attraversato in un unico senso - a causa della tremenda forza gravitazionale che rende tale azione irreversibile.

(Il biondo slavato dei capelli di Ezra è lo stesso della testa di Mordecai, bianco come il fosforo, abbacinante come un prato di stelle; lampeggia nel buio, infiammato dall'alone opalescente delle luci della festa che solleticano la nuca di André, splendendo e crepitando alle sue spalle nell'eco turbinosa dell'ennesima quadriglia.)

– Il buco nero è al suo centro.

Il recinto erboso è deserto, André riesce quasi ad avvertire la pressione di tutto quel vuoto sulla pelle salata di sudore asciutto che gli brucia sulla carne. Infilando una mano sotto la tshirt bianca, sgualcita e striata d'erba, scopre sotto le dita il solco lungo delle unghie che hanno scavato la pelle a fondo, come se volessero raschiare via il Sacro Cuore che arde d'inchiostro sul suo sterno.
Molla la nuca contro lo steccato, serra le palpebre incontro al sole e mastica un sorriso che ha il sapore dolciastro e stucchevole del liquore stantio.

– L'intensità della trazione è tale da distorcere la luce, fino a farla sparire una volta attraversato l'orizzonte. Questo significa anche che nulla di ciò che precipita al suo interno può essere osservato.

(Il mercurio fonde a temperatura ambiente, ma il calore lo fa gonfiare e tracimare dentro l'orlo di pupille dilatate oltre misura, nere e senza fondo come buchi neri. La bocca di Ezra è una fornace, morbida e urticante come i tentacoli di una medusa, la sua pelle un campo minato di esplosioni sotterranee; nel suo ventre fiorisce e si spalanca la bocca incandescente di un vulcano. È una sensazione familiare, quella di sprofondare e squagliarsi nella lava, che gli spinge il cuore sotto i denti quando serra la mandibola e lo sente colare il proprio ripieno liquido giù per la gola, caldo come il magma.)

– Una volta oltrepassato, non si può più tornare indietro. È per questo che nessuno ha idea di che cosa ci sia, e che cosa avvenga, dentro un buco nero.

Il palmo ruvido e bollente delle mani gli scrosta dal viso mal rasato i residui del sonno e l'intorpidimento dal cervello. Risollevare le ciglia è un'operazione che richiede cautela, qualche fremito delle palpebre e una manciata d'ostinazione per affrontare l'azzurro violento del cielo terso.
Tira su col naso, schiudendo gli occhi neri incontro al miracolo accecante del sole, mordendo i bagliori di luce bianca nel sorriso ebbro e stropicciato che gli cola fra le labbra.
Il cuore si gonfia dentro il petto ed esplode nel gorgoglio scrosciante di una risata arresa.

– Se potessi scegliere come morire, mi piacerebbe venire gettato al di là dell'orizzonte degli eventi. Sparire mentre le forze di marea dilaniano il mio corpo.

So show me family, all the blood that I would bleed.


28 agosto 2480 | Shadetrack

Marc trascina passi barcollanti lungo il vicolo scuro che taglia dalla Main Street alla periferia di Santa Rosa, la testa biondiccia rovesciata indietro e gli occhi che oscillano tra le luci sfocate delle finestre accese e la lingua di sterrato scuro, calpestato da innumerevoli piedi, che scivola tra i muri delle case e sotto i suoi stivali.
Coglie lo scalpiccio alle proprie spalle con qualche millisecondo di fatale ritardo: prima che possa reagire, qualcosa gli strattona la nuca e lo spedisce a sbattere contro il muro. Mentre gli orari d'apertura della farmacia cittadina gli s'imprimono lungo la guancia, socchiude l'occhio libero e cerca, con scapole e gomiti, di liberarsi dell'aggressore.
Putain. - la voce roca che gli s'infrange sull'orecchio ha qualcosa di familiare. - Che cazzo ti dice il maledetto cervello?
– Il mio, ah? … Claude, connard, lassc-iami.
Claude Vandoosler arretra, urtato fra le costole dal gomito spigoloso di Marc, e lo ribalta con una manata violenta per piantargli in faccia l'azzurro incupito degli occhi.
Idiot foutu. - lo spintona contro la parete, schiumando a denti stretti e sagomando le ossa squadrate della mandibola sotto la pelle abbronzata.
Marc riprende fiato e allarga le braccia, sgranando gli occhi chiari attraverso il buio.
– … cosa, Dio santissimo? Cosa!
Claude sfiata il grumo d'esasperazione che gli gonfia le narici, scrolla la testa e torna a spintonarlo.
– Ti sei messo a ballare con quella catholique davanti a tutti i suoi fratelli, testa di cazzo.
– Ah, aye … mi ha chiesto di te. Sei ancora il più carino, big brother.
Passa la lingua sul sorriso impolverato e lo guarda sgonfiarsi, dalle spalle allo sguardo livido, infilando le dita fra i capelli biondi e folti per strofinare la cute.
– Cosa devo fare, con te?
– …fai già benissimo il patetico rompicoglioni.
Stavolta, Marc è abbastanza svelto da sgusciare di lato prima che le nocche del fratello gli sfondino il naso. Se lo tasta, leccando le labbra arricciate di sbieco.
Merci, è già abbastanza storto senza che tu ci metta del tuo.
Dieu, vuoi ricordarti perché siamo qui e smetterla, una buona volta, di fare l'idiota?
– Credevo di 'essere' un idiota.
Ça va, allora sei bello e bravo. - Claude alza gli occhi al cielo, poi li sguinzaglia su per il vicolo alle proprie spalle. - Trentasei capi non marchiati. Trenta. Sei.
Morde un sorriso nel buio, e Marc stringe le ciglia come se ne fosse abbagliato. Scrolla le spalle, infilando tra la pelle e il mondo strati di disinteresse.
– Se, se. Sei riuscito a sapere dove li tengono?
– Aye, e mi sarei anche fatto dare i dettagli, se qualcuno non si fosse messo ad attirare l'attenzione come l'étoile di un bordello.
Marc si stringe nelle spalle, dondolando un sorriso tra le guance magre. Claude trascina una mano contro il viso ispido.
– Nueva Cruz, nove miglia a nord di Santa Rosa.
– Magnifico. - Marc tira su col naso, accennando al fondo della strada col mento mentre allunga il primo passo. Mastica un sorriso da schiaffi. - Se facciamo il giro largo eviteremo anche le ronde di brutes gelosi, ça va?
Claude sospira forte, arreso.
Ça va, putain.

-- it's like a bad day that never ends.


17 agosto 2515 | Bullfinch

4 am.

André allunga le dita tremanti sotto il getto del lavello, l'acqua fredda che brucia sulle nocche sbucciate gli spinge bagliori di luce pulsante dentro il cervello. Mastica l'aria immobile della sala comune immersa nel silenzio gravido di sonno e oscilla la testa lentamente, gravata di un peso scivoloso e insostenibile. Il mondo è separato dalla sua pelle da una pellicola umida che lo rende insensibile, dirottando sulle esplosioni di dolore annidate fra le tempie tutta la coscienza annichilita dal sonno. Sprazzi di sogni a occhi aperti gli invadono le pupille, la testa piena dello scrosciare dell'acqua corrente che si sovrappone e si mescola alla risata di un fiume sdraiato solo nella sua memoria. Non ha bisogno di voltarsi per vedere Costanza che attraversa la soglia della cambusa. Si avvicina al grande specchio d'argento appeso sulla parete di fondo, tra le mani ha un rasoio elettrico che usa per radersi la testa con gesti pieni di grazia, seminando lunghe ciocche brune sul pavimento. Istintivamente, colto da un lampo di nausea, André si scosta dal lavello e allunga la mano verso la rimessa delle scope; quando si muove, lo specchio si assottiglia e sparisce assieme alle spalle di Costanza, restituendo ai suoi occhi arrossati l'arredamento spartano della cucina vuota.
…putain.

I medicinali scarseggiano e i sonniferi servono per i feriti, ma la bloom lo rende così lento, languido, inerme; gli spazza la testa come una marea pietosa e volatile, che puntualmente si ritrae lasciandola sventrata e in disordine, appesantita dai detriti.
Sul letto di un bambino ferito, al campo medico, qualcuno ha lasciato un mazzo di crochi gialli. Ci è passato davanti più volte, durante la giornata, trovando ogni volta i crochi moltiplicati; finché, quando ormai tutto il letto ed il suo occupante ne erano sommersi, si è reso conto che non c'erano. Non era stato lasciato nessun fiore. I crochi gialli sono bruciati su Shadetrack, sotto le bombe, e mettono radici solo nella sua testa.


Ancora due ore prima di tornare al campo, se arriva prima Jack lo rispedisce indietro.

Si accende una sigaretta e il silenzio crepita con la carta bruciata. Stringe il filtro con labbra che hanno ancora il sapore della bocca di Mordecai: ne sono pieni il suo naso e i suoi occhi, i lombi e lo stomaco. Ecco qualcosa che mangerebbe senza vomitare.
Trascina una sedia sotto le natiche e recupera il coltello da caccia abbandonato sul tavolo. Si lecca le labbra, ferma la cicca fra i denti e apre la mano sinistra, pigiando sul legno il palmo e le dita aperte. I primi salti della lama sono cauti, impastati d'indolenza e spinti sul filo dei muscoli contratti, dell'attenzione viva e spalancata. Affonda la punta del coltello tra una falange e l'altra con metodo e scioltezza frenetici, una, due, tre, quattro volte il giro completo, avanti e indietro, dal pollice al mignolo in un'impennata precipitosa. Non si rende conto dello slittamento finché l'anulare non gli pizzica il cervello, sporcandosi di un filo di sangue obliquo che lascia sul tavolo due fiori rossi quando lo avvicina alle labbra. Succhia il taglio ad occhi chiusi, sprofondato contro la spalliera della sedia.

Un'ora e quarantasei minuti.

Dev'esserci del rum di Maracay, da qualche parte.





If I ever feel better,
remind me to spend some good time with you.
You can give me your number,

when it's all over I'll let you know…

They say an end can be a start, feels like I've been buried yet I'm still alive --


4 agosto 2515 | Tauron

I raggi di sole affettati dalle fronde del grande albero gli rovesciano negli occhi lampi di candore abbacinante, bruciando le pupille attraverso il velo fragile delle ciglia socchiuse. Gli gira ancora in testa l'universo di minacce incastonato nell'occhiata storta e nel ringhio sommesso – He's clean. – coi quali Eir l'ha accolto, prima di abbracciarlo e inondargli la bocca di ricci anarchici e profumati; un odore quasi di casa. Il peso esiguo di Cecilia Ritter, seduta sul trono d'ossa del suo sterno, gli comprime il respiro e avvalora l'impressione di stare annegando in un mare di luce. È la sua testa riccioluta a fargli ombra, quando si sporge sopra di lui come se volesse accertarsi che sia vivo.
– Hey, mi hai sentito?
André stropiccia una smorfia smarrita, sfarfallando le palpebre per mettere a fuoco, contro il cielo terso e i rami d'olivo, il viso morbido da bambina e i suoi occhi enormi.




12 agosto 2515 | Almost Home

Un esercito di scolopendre gli marcia sotto la pelle, deformandone la superficie viscida e formicolandogli nella carne senza che riesca a grattare via il prurito. Il letto è una fornace; le lenzuola sono fatte di cemento, scavano la schiena con pieghe e lembi sgualciti. C'è un'aria pesante, nella cabina 9g: l'odore del vomito ha invaso ogni angolo della stanza, mischiandosi al profumo rancido e stucchevole del sudore che gli ha infradiciato i capelli e i vestiti. A torso nudo, se flette il mento riesce a vedere la linea dritta e lucida del proprio sterno; ma non osa guardarsi le braccia scoperte, dove le scolopendre strisciano e brulicano sotto la pelle con le loro mille zampe. Dev'essere il loro veleno a mandarlo a fuoco in questo modo, mentre i brividi di freddo gli scuotono le ossa e lo costringono a stringere i denti per non batterli. Se riuscisse a fermare il vorticare della testa, a mettere in ordine i pensieri, potrebbe contare le ossa del proprio corpo e trovarne una che non gli sembri sul punto di spezzarsi a ogni sussulto dei muscoli. Vorrebbe dormire, ma il dolore lo tiene sveglio e le scolopendre non smettono di strisciare, e smascellare, e contorcersi dentro la sua carne.



4 agosto 2515 | Tauron

– … hmnno?
André stropiccia un sorriso arreso e dolciastro, di plateale innocenza. Cecilia si difende con una contrazione netta delle sopracciglia, abbandonando nell'aria calda di Tauron uno sbuffo di sufficienza.
– Sei peggio della ritardata. - rileva, annichilendo il disagio infantile con un sospiro e aggrappando le dita minuscole al colletto sbottonato della camicia a quadri del proprio principe azzurro.
– Chi sarebbe la ritardata?
– Lelaine.
La smorfia sardonica che ha invischiato le labbra di André si contamina di vaga perplessità.
– Ma non è ritardata.
– Sì che lo è.
– No che non lo è.
Sì che lo è.
Gli occhi verdi di Cecilia palpitano di determinazione cruda, tra le sopracciglia la stessa ruga ostinata di sua madre. André ci scivola dentro con un'occhiata, sturando le narici di un grumo d'aria irridente.
– Croyez-moi, kiddow, ti dico che tua sorella è più sveglia di te.
Due archi di scetticismo bruno svettano sugli occhi stretti di Cecilia.
– No che non lo è.
– Sì che lo è. - André le sorride, amabile e allucinato, atterrato sul prato dalla massa caparbia e tirannica delle piccole ossa della bambina.
Non lo è.
– Sicuro che lo è, 'Cilia … e forse è anche più sveglia di tuo padre.
Cecilia sgrana gli occhi, trafitta da un fulmine a ciel sereno. Apre la bocca e poi la richiude, stringendo le labbra fino a sbiancarsele, talmente contratta a cavalcioni del suo torace che André riesce quasi a sentirla vibrare.
Nessuno. - scandisce la sua voce acuta, pigolante come un pulcino d'aquila. - È più sveglio di papi.
Dev'essere la fermezza schiacciante di quel 'papi' a sradicare dal torace compresso di André la risata arresa, scrosciante, che gli traballa negli occhi e sfila oltre le labbra, mentre affonda la nuca contro il browncoat a misura di nano ammucchiato sull'erba a mo' di cuscino.
– Ça va, ça va … hai vinto tu, chérie. - mugola, arrendevole e melenso, leccandosi le labbra e sfarfallando le palpebre contro le infiltrazioni di luce che sfilano tra i capelli della bambina. - Che stavi dicendo?
– … quando mi porti in guerra con te? 
André questa volta la sente. Allarga le palpebre sugli occhi neri inondati di luce, grondanti di stupefazione, e la testa bionda sussulta sul browncoat improvvisamente intessuto di spilli conficcati, tutti, nella sua nuca.
– Mai, putain. - obietta in un rantolo sofferente.
Cecilia sgrana gli occhi verdi, interdetta, oscillando a mezz'aria il cespuglio di ricci castani.
– Perché no?
Il cervello di Vandoosler s'inceppa, cigola, rallenta. Poi riparte, trascinandogli verso l'alto gli argini della bocca.
– Perché quando sarai abbastanza grande, Cecilia VJ Ritter Sterling, avremo già vinto.




12 agosto 2515 | Almost Home

Il labbro inferiore si è crepato sotto la pressione insistente dei denti, riempiendogli la bocca del sapore ferroso del sangue. Da qualche parte ha della Bloom, nel cassetto, forse dentro la tasca dei jeans, ma le dita gli tremano al punto che non sarebbe capace di girarsi una sigaretta. A stento riesce a stringere le pieghe del lenzuolo senza frantumarsi le nocche, che si sono irrigidite e, come il ghiaccio, sembrano spaccarsi quando le flette. L'angoscia risucchia le pareti della cabina sulla sua testa, le scolopendre hanno colonizzato le braccia e stanno strisciando su lungo il collo; raggiungere la gola con le dita per grattarsi è quanto di più doloroso e difficile gli sia mai capitato di fare. I perforanti alleati non sono niente, paragonati alle scolopendre, e nessuna guerra è paragonabile alla guerra contro le scolopendre. Le scolopendre hanno migliaia di zampe, migliaia di corpi spinosi, migliaia di voci stridenti.

L'astinenza ha il volto brulicante di un esercito di millepiedi dalla testa rossa e l'odore acidulo dei succhi gastrici.


From the corpses flowers grow.


27 luglio 2515 | Bullfinch

Fra le nuvole si è aperta una crepa di stelle che sanguina via lattea, e il terreno inumidito è morbido sotto le scapole. Sdraiato a terra, immerso nel frinire distante dei grilli, André conta le isole luminose che galleggiano nel cielo e stringe le labbra sul filtro lentamente, asfaltandosi i polmoni di bloom con voluttà deliberata.
– Mordecai ha occhi che ti scavano dentro. - mormora sommessamente, staccando a fatica la voce impastata dal palato. - Contano le sinapsi del tuo cervello, misurano le ferite del tuo cuore.
Sospira un bolo di caligine, lo sfarfallio delle ciglia chiare che rende intermittente il bagliore del firmamento notturno.
– Probabilmente saprebbe ricucirle tutte, con quelle labbra.
Addenta le proprie, di labbra, succhiando quello inferiore fino a sentire il sapore del sangue sotto la pellicola sottile che divide i capillari dalla lingua.
Piega indietro la testa, inarcando la nuca fino a impastare di terra scura il biondo dei capelli, per sbirciare a rovescio l'iscrizione sulla lapide di Kirill Edwards.
Sa che il suo spirito non è lì, ma la sua carne non è lontana, fusa nella stessa terra da cui vorrebbe farsi inghiottire. Un po' ha la sensazione di sprofondare, mentre un altro tiro di bloom gli arroventa i polmoni e la gola.
– … ho paura, Kirill. - ammette lentamente, inseguendo, dietro le palpebre socchiuse, le serpentine bianche di fumo che si rincorrono verso il cielo, sfaldandosi nell'afa umida di Bullfinch.
Dieu, come non ne ho mai avuta in vita mia.
Il terriccio umido, dissestato dalle piogge torrenziali, è morbido come un cuscino; la bloom gli rende le ossa pesanti, le palpebre si attirano come calamite. Anche l'angoscia che è convinto di sentire non riesce a raggiungerlo, incastrata fra i battiti lenti e regolari del cuore intorpidito.
– Mi sono bruciato un dito.
Solleva la mano destra per leccare la carne ustionata del pollice, mandando il palmo aperto a schiantarsi sullo sterno quando il braccio cede alla violenza insidiosa della gelatina che sta prendendo il posto dei suoi muscoli.
– Mi sono bruciato. - ripete piano, accostando le ciglia umide per seppellire lo sguardo nel nero palpitante di vene invisibili, stese come ragnatele dentro le palpebre. La nuca pesante, affondata nel terriccio, le scapole conficcate attraverso la crosta terrestre lambiscono il calore osceno del cuore di lava del mondo: la mappa stellare di Polaris oscilla, come il residuo di un'allucinazione, sulla superficie dei suoi occhi ciechi. Sospira, allargando le braccia come i lembi di una ferita. Mordecai non lo bacia, non sutura il suo cuore, ma ha i polmoni e la materia grigia invischiati di bloom e il sonno che sfalda la coscienza un morso alla volta, un cedimento liquido delle vertebre alla volta.
Si squaglia a terra, sulla tomba, dentro la tomba, masticato come le more sotto i denti di Joe Black.
Sbrodola una risata arresa e incosciente.
– … putain.
Mi sono bruciato.






They say the sky high above Is Caribbean blue.


17 luglio 2515 | Bullfinch

Il sole alto li ha fatti sudare come animali mentre scavavano la buca. Sei piedi di terra smossa a colpi di pala, sotto la canicola di Timisoara, e Bolivar sembra a malapena indolenzito dallo sforzo.
André ansima con i polmoni in fiamme, grasse gocce di sudore colate lungo la linea del naso e sotto il tessuto bianco della tshirt impolverata, assottigliata dall'usura e fastidiosamente incollata alla carne. Calare la bara nel fosso, con le mani umide che scivolavano sulle corde, è stata l'impresa più difficile che ricordi di aver compiuto da ventinove anni a questa parte. Adesso si spalma quelle stesse mani contro il viso, strofinando la pelle scottata dal sole e iniettando le dita fra i capelli umidi per trascinarli indietro, lontano dalla fronte.

Scusa, fratello. - biascica, a mezza bocca, adocchiando in tralice la lapide sbreccata e senza nome su cui ha appoggiato la vanga.
Arretra di due, tre passi, torcendo il muso in cerca degli occhi blu di Bolivar, che soppesano la buca di terra con l'intensità coraggiosa, a malapena spaesata, di chi interpreta il lutto come un dovere per istinto, più che amore della formalità.
Nessuno di loro conosceva Patrick, e del cadavere nella bara sanno solo che ha i capelli rossi, che amava leggere e che era troppo giovane per morire.

…ho trovato questo, credo che gli … a …a me è piaciuto.
Renee gli allunga un tascabile mal ridotto e Vandoosler lo accetta senza obiezioni, spingendo i polpastrelli sudati contro la copertina sgualcita: se lo rigira fra le mani, lo apre a metà, poi lo richiude e lo restituisce a Bolivar.

Leggi. - acconsente o ordina, docile, leccandosi le labbra salate.
Il biondo esagerato dei capelli di Moloko si arroventa sotto il sole, e così la sua testa. Ciondola un paio di metri più in là, davanti alla tomba di Kirill Edwards; sembra che abbia sbagliato lapide e stia pregando per l'anima sbagliata, ma si sta solo tenendo a distanza, circospetta come un animale, in attesa del momento buono. Sbarra gli occhi verdi, incrociando il nero fondo e brulicante dello sguardo di André, e con la mano libera gli fa nervosamente cenno di girarsi. Sotto l'altro braccio trattiene un involto di panno spugnoso, dalla forma allungata.
Vandoosler strofina il collo umido con il palmo ruvido delle mani e appende le dita dietro la nuca, rovesciando indietro la testa per sbirciare il cielo, attraverso le ciglia accostate, mentre la voce di Renee riempie l'aria torrida del piccolo cimitero fuori Timisoara.

Ho conosciuto il maligno e scoperto Dio. Ne parlo come della mia scoperta, ma va da sé che non si tratta di niente di nuovo, né di mio appannaggio esclusivo. Ciascuno vive qualcosa di analogo prima o poi. Usiamo solo modi diversi per dirlo. Secondo me, tutte le grandi religioni nascono da singoli individui che si sono ritrovati in contatto con una realtà spirituale e che si sono sforzati in seguito per mantenere vivo quel sapere. … quasi tutto si perde in dogmi, cerimoniali e gerarchie. Le religioni sono fatte così. Ma alla fine ha ben poca importanza l'esposizione del concetto se si è afferrata la verità essenziale, e cioè che dentro ognuno di noi ci sono risorse infinite, il potenziale per una condizione dell'essere superiore, un fondo di bontà…
Cortes ciondola il peso fra una gamba e l'altra, stringendosi l'involto al petto, e alterna occhiate nervose fra la lapide di Kirill e Bolivar, ascoltando come una bambina finché la voce del gaucho non si spegne, per permettergli di riprendere fiato, e lei scrolla la testa, riparandosi dietro la cortina dei capelli scompigliati.
André sospira, si lecca le labbra, raddrizza la nuca e torce il mento verso Renee con uno scatto irrequieto della testa, spianandogli addosso un'occhiata umida e palpitante. È altrettanto rapido ad allungare la grinfia per sfilare via il libro dalle dita solide del compagno di stanza, che grugnisce a labbra schiuse un verso di sorpresa, chiudendo i polpastrelli sul vuoto.
Gonfiando i polmoni di un sospiro caldo, intriso dell'afa soffocante che sale dal Potomac River, Vandoosler si trascina in bilico, malfermo, sull'orlo della fossa e affonda lo sguardo lucente contro il coperchio della bara.
Bolivar, un paio di metri dietro, s'irrigidisce in uno strattone allarmato dei muscoli quando sente il sibilo della carta strappata: con gesti dapprima lenti e meticolosi, poi sempre più confusi e intrisi di smania, André stacca dal libro una pagina alla volta e le lascia cadere sopra la cassa di legno.
Si fa scivolare dalle mani anche la copertina, per ultima, e recupera la pala addossata contro la lapide.
Impiegano diversi minuti, lui e Renee, a ricoprire la buca di terra, e quando finiscono di compattare l'ultimo strato realizzano di essere fradici.

Sembra che vi siate pisciati addosso. - commenta Moloko, dopo un'occhiata al fondoschiena di entrambi, facendosi largo con aria traballante.
La sua spina dorsale suda una traccia scura sotto la canotta grigia che le scopre le scapole, mentre si piega a sedere sui calcagni e pianta nella terra smossa, sbrogliandola dall'asciugamano in cui la teneva nascosta, la statuetta di una Madonna scheletrica, con le mani giunte e una corona di fiori rossi posata sul velo azzurro. Mormora confusamente qualcosa, nel dialetto stretto di Maracay, e si fa un paio di volte il segno della croce al contrario, frettolosamente, prima di tornare in piedi e arretrare una sola falcata, sgraziata, per finire incastrata fra i corpi accaldati dei due compagni.

Rest in peace. - il mormorio di Vandoosler strappa a metà il silenzio punteggiato, non troppo in lontananza, dai versi di Thiago e Argo che si inseguono fra le lapidi.
Tira su col naso, si bacia il palmo di una mano e lo appoggia sulla testa di Cortes con la solennità indolente di un rituale selvatico.
 
Andiamo a casa.




  
Patrick O'Reily
2498 − 2515

Lung of love — leaves me breathless.


12 luglio 2502 | Shadetrack

Seduto sull'erba, piegato in due sopra un foglio di carta, posato sulle pagine di un vangelo, Adán Barrera finge di leggere e invece scrive, socchiudendo le palpebre incontro al sole cocente, fumando una sigaretta condita di bloom.
Il temporale che ha scaricato le sue nubi gravide su Appaloosa e Falstaff sguinzaglia verso ovest, da giorni, una brezza che rende l'estate vivibile. Assaporandola a occhi chiusi, il figlio del patron non avverte subito il peso dell'ombra che si allunga sopra la sua testa.
– O!, angel of the above. / The gracious beauty of yours / and your fingers made of clouds.
La voce che lo aggredisce alle spalle è baritonale e liquida, profonda come il gorgoglio di una fonte sotterranea; proprio il genere di voce a cui, quando scrive, immagina di far declamare i suoi versi.
Trafitto da una lancia di fastidio, risolleva le palpebre e rovescia indietro la testa bruna affilando gli occhi, dal basso, contro il sorriso lucente (oh, come la lama di un coltello) del ragazzo biondo affacciato oltre la staccionata che gli fa da schienale.
– Sacrebleu, Adán, se ti vedesse tuo padre gli si spezzerebbe il cuore.
André morde una smorfia irridente, che accende il nero lucido dei suoi occhi, e Adán si sente risalire in gola un fiotto acido.
– Se a mio padre importasse come passo il tempo. - implica, deglutendo, con la prova della propria menzogna stretta sotto i polpastrelli, nella rilegatura ruvida del vangelo aperto fra le ginocchia.
André salta lo steccato come un capriolo e ruzzola nell'erba al suo fianco, strisciando di verde la camicia lavata di fresco, ancora impregnata dell'odore di lavanda dei saponi accuratamente selezionati da dona Cruz. Chissà cosa direbbe, lei, se vedesse il figlio minore accoccolato in terra, dietro il cortile delle vacche, a scribacchiare poesie con el extranjero rubio che gli sfrega la nuca contro la spalla accomodando la schiena sull'erba.
– Parlavo della pochezza dei tuoi versi, douce fleur.
Adán vorrebbe, disperatamente, che il bolo di saliva intriso del suo giudizio non gli scendesse così amaro in gola. Arriccia le labbra lungo la china di un sorriso aspro.
– …fosse per te, Andre, le poesie non parlerebbero che di sesso.
André torce il mento ispido per squadrarlo, dal basso, con un lampo innocente degli occhi e un'impennata vaga delle sopracciglia.
– Perché, nelle tue poesie non scrivi di donne?
– A … volte.
– Putain. - André sgrana gli occhi, contenendo a stento una smorfia incredula. - Stai… stai arrossendo.
Adán stringe le labbra, sagomando le ossa squadrate della mandibola sotto il velo di barba bruna. André addolcisce il sorriso lungo una curva soddisfatta.
– Ay, adesso sei rosso.
Adán richiude il libro con uno schiocco, aggrappando le labbra al filtro della sigaretta. A ventidue anni, se suo padre lo vedesse fumare l'erba del Diavolo lo prenderebbe ancora a schiaffi.
– Credi davvero che gli angeli siano …'graziosi'?
André si è sdraiato ai piedi della staccionata, chiudendo gli occhi incontro al cielo e piegando un braccio solo dietro la testa; l'altra mano strofina l'erba con noncuranza, e un'avidità che colma lo stomaco di Adán di scomode farfalle ubriache.
– …certo. - mormora, ostile. Poi deglutisce. - Tu no?
– Io non credo agli angeli. - André schiude le ciglia chiare per spingergli addosso, in tralice, gli occhi neri e scivolosi come code d'anguilla.
– No. - cede, poi, con un guizzo vispo e selvatico della bocca. - Se devo immaginare un angelo, lo immagino come una donna bagnata.
Adán serra le palpebre, mandando la testa a sbattere contro le assi dello steccato.
Jodete, Andre, 'told ya. Tu non pensi ad altro.
André pianta le mani a terra e si solleva di scatto, con uno strattone di muscoli guizzanti e giovani, per girare il muso verso il giovane Barrera e spalancare gli occhi ridenti sul suo viso in un lampo brutale, ispirato.
– A che altro dovrei pensare? Una donna che gode è quanto di più eccitante, sconvolgente e sacro tu possa mai sperare di vedere, Adán. - si è sporto verso di lui e Adán riconosce, sul fondo delle sue pupille, lo stesso ardore che confonde lui e manda suo padre su tutte le furie quando Vandoosler guarda sua sorella.
André si lecca le labbra, schiocca la lingua sul palato.
– Noi uomini siamo sgraziati e selvatici, godiamo come animali esausti. - spiega, irridente, concedendo a se stesso che - Anche le donne sono come animali, ma animali celesti, e vengono impietose come i temporali.
Allunga una mano di scatto, agguanta il vangelo abbandonato fra le gambe di Adán e ne sfila via la pagina scribacchiata. La ribalta sulla copertina chiusa, ci preme sopra il palmo della mano.
– La prima volta che vedi una donna che viene, Adán, la tua vita cambia per sempre. - gli rivela, quasi contro l'orecchio, e inietta nei muscoli del minore dei Barrera una tale scarica di adrenalina e frustrazione da costringerlo a schizzare in piedi. Annaspando, Adán lo inchioda dall'alto con gli occhi chiari, che hanno il colore dell'acqua e la stessa trasparenza.
Specchiando il suo sguardo da terra, André si tira in piedi senza fretta e, raccolto il libro, glielo restituisce con un sospiro trasognato.
Isn't it so?
Poi si volta, si allontana, lo lascia finalmente solo. In pace.
Adán rigira il vangelo tra le mani, adocchiando il brano di carta scivolato fra l'erba. Torna a sedersi, la nuca contro il legno e gli occhi chiusi; sospira, immagina la pelle sudata di Liquorice, che è vellutata come il manto dei cavalli e custodisce occhi neri come quelli di André, che lo consumano, notte dopo notte, lontano dai bordelli di Mexican.
Fa per succhiare via l'ultimo tiro di bloom, la scopre spenta da un pezzo e lancia incontro all'orizzonte il mozzicone annerito. Dal petto gli sfila, cauto, un sospiro cedevole.







O! Angel of the above.
The beastly beauty of yours
and your hair of feathers.
Chew my lungs softly
and digest them with grace.



(Adán Barrera, Shadetrack, 2502)

For to fly.


9 luglio 2515 | Almost Home

Bolivar è immerso nella lettura, sbracato sul letto, una mano che tiene aperto il libro e l'altra in ostaggio fra i denti di Thiago, che gli morde le dita mentre Renee gliele sfrega contro i denti e sfogano, entrambi, la necessità di tenere il corpo impegnato in qualcosa; quando la porta automatica della cabina sibila e si schiude, tutti e tre gli animali presenti sollevano il muso per inquadrare l'andatura incerta, spossata, con cui André scivola attraverso l'ingresso e scavalca Argo, che dormiva acciambellato davanti alla porta, caracollando fino alla propria branda. Nel farlo, senza sorrisi né battute, slaccia i primi quattro bottoni della camicia e sfila dal tessuto la spilla da deputy, tirandola via a casaccio sul comodino come se scottasse. Il dogo bianco lo segue per un tratto, scodinzola, ma si ferma ai piedi del letto per masticare un lembo del lenzuolo con fauci piene di saliva e l'aria un po' irrequieta, ma soddisfatta. Vandoosler argina accuratamente lo sguardo perché non defluisca negli occhi blu di Renee, in una maniera che persino lui non può non notare. Schiude le labbra per dire qualcosa, richiudendo il libro con un dito fra le pagine, ma, come spesso accade, la voce si ferma a galleggiargli alla foce della gola, incatramata. Strofina le dita sul muso di Thiago e si lecca le labbra, scavando un solco verticale e profondo, tra le sopracciglia, che è l'unica ombra concreta nella sua espressione limpidamente allarmata. Trattiene a malapena lo scossone violento dei muscoli e dei nervi protesi all'azione, a una ribellione accorata ed energica, quando vede il compagno di stanza allungarsi sul letto, con la grazia molle di un animale sfinito, per sfilare in un fruscio di dita affusolate la bustina di switch custodita gelosamente sotto il cuscino: la contempla per una lunghissima manciata di secondi, nell'arco dei quali Bolivar fissa il suo profilo regolare, trafitto da tensioni sotterranee che non comprende, con apprensione solida e animalesca, oscillando sul filo della rabbia. Poi, inaspettatamente, la droga torna sotto al cuscino ed il viso sfatto di Vandoosler ci affonda sopra, in un fiotto d'aria sconfitto e intrappolato dalla stoffa. Dopodiché, ovattata, arriva la sua voce.
– Leggi ad alta voce per me, Bolivar; ne hai voglia?
Bolivar non si tira mai indietro.

 
Più tardi, durante la notte, lo sentirà strisciare fra le lenzuola e vedrà balenare, nell'orbita degli occhi socchiusi, la fiamma di un accendino.






Please give me second grace
Please give me a second face
I've fallen far down
The first time around
Now I just sit on the ground in your way


Now, if it's time for recompense for what's done
Come, come sit down on the fence in the sun
And the clouds will roll by
And we'll never deny
It's really too hard for to fly.

I was scared, I was scared, tired and underprepared, but I'll wait for it. If you go, if you go, leaving me down here on my own --


6 luglio 2515 | Almost Home

Sam Hale ha lo sguardo fisso di un cadavere, Cristobal sembra più vivo di lui. Dalla tempia sinistra tumefatta di André dilaga il martellare di un'emicrania incalzante, che gl'impedisce di tenere gli occhi frementi incollati al petto di frère d'os come vorrebbe. Torna a cercargli il torace continuamente, però, per accertarsi che il fiato lo sollevi ancora: a momenti distoglie lo sguardo per secondi, minuti interi, trattenendo la smania sotto la lingua e nei denti che affondano contro le labbra solo per girare le pupille di scatto, a tradimento, e assicurarsi che i polmoni di Cristobal non facciano scherzi, cessando di funzionare quando non li controlla per riprendere a muoversi solo quando sta lì a spronarli.
La vita del cecchino tatuato non dipende dall'intensità con cui lo guarda, questo lo rassicura, come lo rassicurano i gesti metodici e inflessibili di Mordecai, sotto le cui mani minuscole e spigolose, ne è certo, nessuno avrebbe il coraggio di morire.
Il cortex pad gli brucia in tasca.

'Non capisco perché ti sei messo con certa gente, sei un uomo diverso, sei un uomo libero.'

Di quale libertà, Joe Black? Essere liberi di ignorare il dolore, gli errori di questo 'Verse (il 'Verse non può commettere errori, direbbe Mordecai Adler, sono gli uomini che sbagliano), la maniera in cui milioni di vite scorrono sui binari sbagliati, che non sono quelli che vorrebbero percorrere. Il modo in cui i fratelli si parlano senza ascoltarsi.
Incastrato sulla sedia, con le vertebre premute contro lo schienale duro e una gamba piegata fino al petto, André si rende confusamente conto che dovrebbe parlare con Jack Rooster, e più nitidamente respira l'impressione che Jack non voglia parlare con lui, che detesti ascoltarlo, che anche quando prova a farlo (come in questo caso) le conseguenze non sono meno disastrose che se l'avesse ignorato.
Si chiede, André Vandoosler, se sia nel posto giusto. Se non dovrebbe optare per una ritirata strategica, salvare il salvabile della propria anima sbrindellata, prima di finire ancora a Fargate o, molto peggio, finire come Red Wright, col cuore arido e consumato dall'odio, dalla disciplina. Wright lo considera un insubordinato, non realizza che la disobbedienza è un dovere, quando gli ordini che piovono dall'alto sono sbagliati; disubbidire all'Alleanza è giusto perché è giusto disubbidire all'Indipendenza stessa, se gli ordini non sono giusti. Ribellarsi all'ingiustizia di un fronte solo non porta alla giustizia, ma solo a un'ingiustizia diversa.
Si sfrega una mano sul viso madido, iniettando le dita fra i capelli e deglutendo l'aridità della gola. Dovrebbe dire questo a Jack? Gliene importerebbe qualcosa? Lo ascolterebbe o gli pianterebbe un proiettile in testa? Nei suoi occhi, spesso, André non vede altro che la desolazione delle wastelands di Shadetrack, dove i crochi gialli non crescono più e il letto del Tallassee River è asciutto e ingombro di detriti. In quei momenti vorrebbe abbracciarla, ossa contro ossa, ma il filo spinato di muscoli e sorrisi obliqui che Rooster si è arrotolata intorno lo respinge e lo ferisce.
Capitano, mio capitano.
Lasciarla marcire nell'odio e salvare se stesso sarebbe una soluzione? Prima di passare la linea di non ritorno, quella linea leggendaria cui si è sempre rifiutato di credere (è sempre possibile la redenzione, si torna indietro persino dalla morte) e che ora gli sembra di vedere snodarsi sul corpo di Cristobal, nelle volute nere e intricate dei suoi tatuaggi.
Poi, a un tratto, Renee Bolivar irrompe nella sickbay precipitosamente, tonfando gli scarponi da lavoro sulla lamiera, il respiro trafelato e l'aria smarrita di chi, una volta giunto a destinazione, esaurita la spinta energica, l'ultimo lembo d'azione, non sa più cosa fare. Hale non si volta a guardarlo, rimane immobile come una statua percorsa da crepe che si tengono insieme a stento (André si chiede, da ore, quanto ci metterà a sgretolarsi, e se sarà un crollo oppure un'esplosione), e Renee non parla, respira a bocca aperta, fra i denti allentati, sgranando gli occhi sul corpo di Cristobal col disorientamento saldo di un animale. Volta il muso e Vandoosler incrocia il blu limpido, senza ombre, del suo sguardo: gli tremano le labbra, le lacrime sull'orlo delle ciglia, finché uno smottamento dei muscoli, sotto la pelle del viso, gli trascina gli argini della bocca verso l'alto, quasi a ridosso degli zigomi. André squarcia la notte e il dubbio con un sorriso violento, avido di tutta la giustizia del 'Verse.
Addenta il polpaccio di Jack come un mastino del cielo, la tiene stretta tra le fauci indistruttibili del proprio cuore.
Dovrà sparargli in testa per liberarsi di lui.

We didn't start the fire. No, we didn't light it, but we tried to fight it.


25 giugno 2515 | Bullfinch, Almost Home

– Volete uscire mentre mi cambio, come fa Sam Hale?
Mordecai li fissa in rigorosa attesa, le dita minute e sottili strette attorno al primo bottone della camicia victorian, subito sotto il mento.
André tentenna, affilando un sorriso di radiosa innocenza mentre temporeggia, sul punto di dire che
 

– No. - la voce di Renee, che ha smesso di spalmare la mano fra le orecchie di Anchorage per trafiggerlo con uno sguardo allarmato, spezza il fiume delle sue indolenti considerazioni. 
– No, cioè, sì, sì! Sì … vogliamo uscire. Vero, Andre? Usciamo.
L'ultima esortazione ha il tono fermo, unto di panico, di un ordine supplichevole. André si stringe nelle spalle e tira su col naso, annuendo.
 

– …aye, ça va. Certo che usciamo.
Piroetta mollemente su se stesso e si ritrova all'esterno della cabina, spalle alla porta e spalla a spalla con Bolivar, che si strofina i capelli nervosamente e spinge lo sguardo su e giù per il corridoio come se si aspettasse di veder sbucare un intero reggimento di fanteria alleata da dietro l'angolo.
No; probabilmente, trovarsi faccia a faccia con qualche centinaio di marines non gli metterebbe tutta questa inquietudine addosso.

– Non si sveglierà. - commenta André, docile, pescando la sigaretta incastrata sopra l'orecchio. Contrae le sopracciglia slavate, incassando l'eco delle voci di Wright e Bolton che si affastellano l'una sull'altra, riecheggiando dalla testa della nave qualche sconclusionato canto di guerra. - …well, non per causa nostra.
Renee arrossisce, nella penombra, e si gratta la nuca mentre sbircia perplesso in direzione della plancia.
– …fanculo, Andre, tu dormi dal lato del muro.
Gli occhi blu e risoluti scivolano sulla punta della cicca, li spalanca limpidamente.

– Non vorrai … non vorrai fumarla adesso.
André cede alla tentazione di stirarsi sulla bocca un ghigno squilibrato, godendosi il lampo di panico risoluto sul fondo delle sue pupille, prima di scuotere docilmente la testa biondiccia.

– Nay, fratello, non la fumo adesso. - si lecca le labbra, rigirando la sigaretta fra le dita a tempo perso. - Comunque perché devo dormirci io, vicino al muro?
Renee solleva le sopracciglia spesse, boccheggiando in cerca di parole che gli sfuggono.

– …lo sai, perché.
André raccoglie l'allusione a bocca aperta, rifilandogli un'occhiata stupefatta. Prima che possa dire nulla, o sfogare la risata che rimbomba stretta nelle pupille, tre colpi secchi alla porta annunciano loro che sono stati riammessi al cospetto del minuscolo medico di Spartaca.

– Sorella, giuro solennemente di non attentare alla tua virtù durante la notte. - la informa André, a bruciapelo, mentre s'infila per primo all'interno del bunk, accolto da occhi azzurri come una lastra di ghiaccio e altrettanto privi di comprensione.
– Naturalmente no, André Vandoosler. Anchorage ti sbranerebbe. - il dobermann, accoccolato ai piedi della branda di Renee, solleva il muso e scopre i denti in un ghigno canino. - Questo non è uno scherzo.
Mordecai si volta, torna verso il letto, mentre Bolivar e Vandoosler si ammucchiano a sedere sul bordo dell'altro. In tshirt sdrucita e boxer, il 'tracker sbircia il pantalone lungo del pigiama del pistolero di Blackrock con un mezzo ghigno indolente.

– André Vandoosler. - la voce di Mordecai, che si è seduta a gambe incrociate sulla coperta come una bambina (o la miniatura di un efferato generale), lo spinge a cercarla con uno scatto leggero del mento. - Ti piace la morfina?
Sente Renee boccheggiare e, per un attimo, schiude anche lui le labbra come un beota. Impiega quei due, tre secondi a contestualizzare la domanda. Mastica un mezzo sorriso, schiccherando la sigaretta rimasta spenta sul comodino.

– Mi piace la morfina, ma non è la risposta che stai cercando.
Il sorriso aleggia per un istante, sulla bocca della spartiana; poi sparisce.

– La ri … sposta? - Renee è tornato a strofinarsi la nuca, alternando lo sguardo smarrito e vivido fra il medico e il pistolero.
– Renee Bolivar, André Vandoosler mi ha sfidato a indovinare cos'è che gli piace e si trova all'interno della sickbay. Sono molto brava con gli indovinelli.
André torce repentinamente il muso, inchiodando lo sguardo di Bolivar con un lampo tronfio e luminoso degli occhi neri.

– André Vandoosler, ti piacciono i batuffoli di cotone?
Mordecai Adler, impassibile, fissa i due uomini che scoppiano a ridere all'unisono, afflosciandosi uno addosso all'altro sul materasso, con lo stesso cipiglio altero e stranito di Helena, il falco lupo appollaiato sulla canna del dragoon fissato sopra la testiera del letto.


Durante la notte André si sveglia, strappato alle tinte iridescenti della coda di una sirena di Whitmon dall'urgenza frenetica, silenziosa, di una necessità che ha deliberatamente ignorato per tutta la serata. Deglutisce, aprendo gli occhi sulle spalle di Bolivar che gli stanno a un soffio dalla punta del naso, scoprendosi attorcigliato al lenzuolo mentre il sollevarsi lento, regolare, della schiena del compagno di letto gli rivela che dev'essere addormentato.
Con la cautela di una volpe che sguscia nel pollaio, in silenzio, scolla la guancia dall'angolo del cuscino (Renee se l'è rubato quasi tutto) e pianta una mano sul materasso per drizzarsi a sedere. Gli occhi impiegano poco a sfuggire agli scampoli del sonno, abituandosi alla penombra cupa della cabina: distingue la sagoma affilata di Mordecai, immobile sotto le coperte, e i due grumi neri e attorcigliati sul pavimento che sono Thiago e Anchorage.
Valuta in silenzio l'ipotesi di sgusciare fuori da letto e trascinarsi da qualche parte, attraverso la nave silenziosa, per mettere a tacere i tuoni che gli rimbombano nel sangue, e sfrega la lingua sulle labbra, piegando le gambe con cautela per districarle dalle pieghe del lenzuolo. Poi, alla periferia dello sguardo, coglie un bagliore limpido nel buio e, torcendo il collo con uno scatto brutale, incrocia l'occhiata torva, penetrante, del falco che svetta sul fucile automatico.
Rabbrividisce, ingoiando i battiti del cuore schizzati in gola, e sostiene l'invadenza limpida e implacabile degli occhi del rapace senza riuscire a muoversi.
Bolivar si rigira, strusciandogli contro il fianco, e sospira nel sonno, madido nel caldo infernale che due corpi troppo ingombranti sono riusciti a produrre in quello spazio ridotto.
André solleva una mano, sfregando il viso sudato, iniettando le dita lunghe e segnate fra i capelli.
Torna ad accasciarsi sul materasso, respira a fondo l'odore di uomini e bestie ammassati nella stessa, minuscola cabina. Mastica il labbro inferiore, stropicciando un sorriso esasperato.
Dopotutto non vorrebbe trovarsi da nessun'altra parte, adesso.

Step from the road, to the sea, to the sky.


21 giugno 2515 | Bullfinch

André respira coi polmoni spalancati, gli occhi pieni di sole e di spighe verdi.
Ha recuperato Liquorice allo spazioporto e tagliato per i campi sulla strada del ritorno. Adesso stringe le palpebre incontro alle dita gialle e moleste del mezzogiorno: si è fermato lungo il fiume, poco fa, e i capelli fradici si stanno già asciugando come paglia gialla al sole. Il mustang gli scalpita fra le gambe, insofferente per l'andatura contenuta, per il lungo, infinito viaggio che l'ha condotto dalle praterie di Greenfield a quelle di Bullfinch.
André gli assesta una manata lungo il collo forte e arcuato, strofinando con le dita il pelo corto, color vinaccia, ai lati della criniera.
Passando la lingua fra le labbra fissa un punto verso l'orizzonte, tra le ombre distanti di due edifici, probabilmente un ranch e una stalla. Oltre quelli, la Main Street di Timisoara; un oceano di sfumature verdi e gialle a separarlo dalla meta.
Gli tremano le mani, per un momento, quando un soffio di vento piega le teste rosse dei papaveri infestanti, allineati fra una striscia di sementi e l'altra, come una carezza invisibile. Deglutisce e piega lentamente la schiena, arcuandosi per posare le labbra fra le orecchie del cavallo e mormorargli qualche parola nel francese creolo di Shadetrack.

Gli schiocca un bacio sulla testa e si raddrizza con uno scatto fluido, tracotante, piantandogli i talloni nei fianchi e sprimacciando le redini con un fischio acuto, sradicato dal fondo del petto largo.
Liquorice non si fa pregare, affonda gli zoccoli anteriori nello sterrato e spinge con le cosce potenti, lucide di muscoli sotto il pelo raso, per lanciarsi al galoppo verso il cielo. Una freccia che taglia la pianura sconfinata. 

André non ha quasi bisogno di tenere le briglie: le abbandona del tutto quando, scivolando in basso con le spalle, trova con le dita i ciuffi della criniera del mustang e ci si aggrappa ululando, ridendo, accompagnando i sussulti dell'animale con guizzi estasiati dei muscoli.
Il vento sulla faccia, il sole nei capelli, il profumo dell'erba dentro il cuore.

Happiness is a warm gun.


14 giugno 2515 | Almost Home

John è ancora su Boros a occuparsi della sua gente.
André ha la cabina tutta per sé.
Seduto sul letto, con le spalle al muro, rigira la pistola fra le dita.
Gli rimbomba ancora in testa la voce di Klaus.

– Sei un soldato. - si ripete sommessamente. - Sei un soldato. Sei un soldatoseiunsoldato sei. Un. Soldato.
Prova a leccare la canna del revolver. Ha un sapore metallico che ricorda un po' quello del sangue.
Se la infila in bocca lentamente, spingendola a fondo, finché non avverte il conato del vomito. Prende un respiro profondo, calca la curva del grilletto col polpastrello dell'indice.
Per qualche ragione gli scivola fuori dal naso una risata che vibra nei muscoli, gli fa tremare le dita.
Sei un soldato.
Appoggia la nuca contro la parete, ansimando a occhi chiusi.
Poi sfila lentamente il revolver dalla bocca e lo getta in là sul materasso. Recupera l'hypospray, sfilando la bustina di switch da sotto al cuscino. Preparare la dose è un procedimento metabolizzato, facile, che la detenzione non ha arrugginito.
Il dolore scivola fuori, subentra l'estasi.
Le pareti della trappola senza via d'uscita gli si squagliano attorno. Il circolo vizioso di sangue che chiama sempre altro sangue si sfalda dolcemente.
Assieme all'ultimo grammo di coscienza.



God does not speak to me, He speaks through me.

-- for though they may be parted, there is still a chance that they will see. There will be an answer, let it be.


11 giugno 2015 | Fargate

Dio, mi fa male tutto. Non riesco a stendermi sulla schiena, non riesco quasi a muovermi. Affondo il profilo nel cuscino e non ho alcun controllo sulle lacrime che mi si staccano dagli occhi, rigando la pelle, invischiando la stoffa. Si mischiano al sangue di cui sento, ostinatamente, il sapore in bocca. Edwards, la piccola Edwards è venuta a trovarmi. Mi ha portato una sigaretta. Putain, credevo d'essere sul punto di venirmi nelle mutande. La piccola Edwards con le ali spezzate, i sorrisi amari, la tristezza dignitosa. Sogno Kirill tutte le notti, mentre i miei giorni sono tormentati dall'immagine trasparente di Costanza, dal suono della sua voce e dal tocco leggero delle sue minuscole dita. Non ricordo più il sapore delle sue labbra … Dieu, non ricordo più il sapore delle labbra di nessuna donna. Huong, Huong mi chiama 'puttana' ma è terrorizzato dalla fame con cui mi guarda. Povero bastardo malato, la sofferenza lo eccita più di una ragazza del Beau Regard. Vorrei tanto scoparmi una di quelle brave ragazze, ma non so se ne avrei più la forza. Costanza mi balena spesso alla periferia dello sguardo, la vedo riflessa nei muri come fossero specchi e non sempre resisto all'impulso di voltarmi per cercarla dietro di me. Non la trovo mai. Due giorni fa, mentre il secondino di merda mi faceva succhiare il manganello come se fosse il suo cazzo di metallo da impotente, per un momento mi sono scoperto felice della morte di Patrice: non vive, non può soffrire dell'umiliazione e del dolore di suo padre. Mi sono pentito di questo pensiero quasi nell'istante in cui ha preso forma nel mio cervello spezzato- era una stronzata, Dio mi perdoni. Consacrerei la mia intera vita a questo Inferno di percosse e umiliazioni se servisse a cancellare la morte del mio bambino. Ma è così che cercano di piegarmi, di farmi desiderare poco a poco che tutte le cose che ho amato non fossero mai esistite. Per sgretolare il mio amore un pezzo alla volta e fare spazio all'odio che mi vomitano costantemente addosso. Ma l'odio è un corollario della paura e questo significa che sono loro a temermi. Io non ho niente da perdere e tutto da guadagnare. Fuori di qui mi aspettano la piccola Edwards, Cristobal (Dieu, chissà se frère d'os sa che sono qui, chissà cosa pensa, chissà se-), Rev, Jack, fratello Schmidt e Hogs, Huck, persino Ezra, con il suo odio maldestro, Cuore di Panna (come l'ha chiamata Eivor) e Cecilia. Cecilia Ritter. Cecilia Ritter Sterling. La bambina che custodisce il futuro del 'Verse nelle sue piccole mani, negli occhi, nell'amore puro dei suoi genitori. Chissà dov'è adesso Ritter, in quale paradiso artificiale. Mi fanno male le ossa, la spalla sinistra si è coagulata in un grumo di dolore costante. Maya Harvey, se immagino addosso le sue unghie riesco quasi a farmelo venire duro. Sam Hale non ne sarebbe contento. La mia cella è buia, ho perso il senso del tempo. Red Wright, fratello, chissà dove cazzo sei, in quale sottolivello, in quale cella. Apro la bocca e lo biascico a fatica, lentamente, 'fratello', che tanto non mi puoi sentire. Mi manca l'oblio della switch, questa lucidità mi uccide, ma ho scoperto una cosa, stamattina (era mattina?), mentre Huong mi spaccava la schiena a manganellate. Lars aveva torto. Io sono André Vandoosler, Vandoosler il giovane, con o senza la droga, lucido o allucinato- è più difficile, soffro come un cane, ho voglia di morire più spesso di quanto dovrei. Non ragiono lucidamente, che è paradossale giacché il mio sangue non è mai stato così pulito dalla fine della guerra. Vorrei annegare in una dose. La sigaretta di Edwards. Dieu, mi stavo venendo addosso. Chissà che faccia avrebbe fatto. La voce di Costanza mi canta in testa continuamente, se chiudo gli occhi la vedo, mi porge un'arancia sbucciata e canta come un angelo. Porterò quell'arancia sulla tomba di Kirill, quando uscirò di qui. Poi salverò il 'Verse e tutti, tutti, tutti saranno felici.
Anche tu, Huong, lurido pezzo di merda.

And when the broken-hearted people, living in the world agree, there will be an answer, let it be --


11 giugno 2515 | Fargate

Bradley Huong ha sempre amato il suo lavoro, ma non riesce a ricordare esattamente quand'è che ha cominciato a piacergli così tanto. Non ha perso nessuno, a Cap City, ma ogni infornata di cani indipendentisti in catene lo delizia di una gioia feroce, che ha un qualcosa di erotico su cui, però, preferisce non soffermarsi mai.
Urta sempre, accidentalmente, la spalla ferita del detenuto 8750 col manganello, quando non spacca le pietre al ritmo della musica che gli piace immaginare o mugolare, mentre sorveglia i lavori forzati, o quando lo incrocia attraverso la mensa (e fa in modo d'incrociarlo spesso). Per qualche ragione, è terribilmente infastidito dalla maniera in cui il pezzo di merda indipendentista lo guarda senza rancore.
Adesso, infilatosi nella sua cella per una 'visitina di controllo', appoggia la punta metallica e stondata del manganello sotto il suo mento e lo solleva verso di sé: l'ha fatto inginocchiare a forza di botte sulla milza, dove sa che 8750 custodisce un'altra ferita (lo sa perché l'ha fatto spogliare, il primo giorno, e gli ha pigiato il manganello fra le natiche senza penetrare, paralizzato dal disgusto al pensiero che l'idea di violentare un 'rimmer potesse lontanamente eccitarlo).
– Guardami bene, puttana.
Ringhia, con un sorriso largo e crudo, al cane indipendentista che lo squadra, dal basso, con quegli occhi neri e arrossati che detesta dal giorno in cui l'ha incontrato. Per questo ha fatto in modo di rendere il destro tumefatto, affinché fatichi ad aprire le palpebre: vorrebbe cavarglieli e pestarli sotto lo stivale, a dirla tutta, ma la vista di un solo occhio è già più sopportabile che il doverli affrontare entrambi.
– Cos'è quella faccia, 8750? Non sei felice di vedermi?
8750 non risponde, si limita a fissarlo docilmente. Pallido come un fantasma, quei suoi dannati occhi sembrano pozzi di catrame vacuo, incandescente, troppo intenso per la sua pelle: per un momento, Bradley Huong si chiede se non ci sia il rischio che gliela squagli sulle ossa.
Il manganello impatta contro la tempia del detenuto e lo spedisce a terra, rovesciato sul fianco, con l'aria tramortita e uno spacco vistoso a grondare sangue nel mezzo del sopracciglio rotto.
8750 non cerca di rialzarsi, se ne rimane riverso sul pavimento a respirare affannosamente, sfarfallando le palpebre inzuppate di sangue dell'occhio più esposto. Bradley Huong lo vede muovere le labbra, lentamente, finché non ne sgorga un filo di voce strozzata.

When I find myself in times of trouble, Mother Mary comes to me, speaking words of wisdom, let it be… - canticchia, impastando note tremanti e imprecise.
Bradley Huong ha imparato a detestare quella preghiera, a forza di sentirgliela rantolare fuori.
Si china bruscamente, vinto da un conato di rabbia, e agguanta il bavero della tuta di 8750 per trascinarlo nuovamente in ginocchio e spingergli la punta del manganello contro la spalla sinistra, cavandogli un urlo rauco e lancinante. Lo spinge a terra di schiena, curvandosi su di lui con un sorriso ebbro, gli occhi grigiastri affilati come lame di rasoio.

– A terra, devi stare. A strisciare come il verme che sei.
Commette l'errore, poi, di allentare la pressione sulla spalla ferita di 8750, quando i suoi lamenti agonizzanti rischiano d'infiammargli i lombi. Gli lascia il tempo di respirare, di riprendere fiato, di affondare ancora gli schifosi occhi gonfi di lacrime nei suoi.

– Vuoi scoparmi, Huong? - articola dolcemente, a fatica, con un sorriso irridente contratto nel dolore. - Perché lo capirei.
8750 riesce a malapena a rotolare faccia in sotto, con un guizzo istintivo e selvatico dei muscoli, prima che il manganello si abbatta fra le sue scapole.
Le grida disperate dell'animale battuto riempiono il corridoio per una buona mezz'ora.

Koo-koo-ka-choo, Mrs. Robinson, Jesus loves you more than you will know.


5 giugno 2515 | Horyzon

Capital City sembra un'altra città, al tramonto. La luce tragica del crepuscolo inonda il cielo e l'ombra del sole, rosso come un'arancia matura, sfiora la cima dei grattacieli cadendo sopra il mare.
André, ancora sgualcito, si è lasciato alle spalle l'appartamento di Ritter e strascica gli anfibi, un po' indolente e un po' malfermo, lungo il marciapiede di una strada mai vista.
Si è perso.
– Ach, putain.
Lamenta, sfregando la faccia sciupata col palmo di una mano e irrigidendosi, poi, quando una lux car scura si affaccia oltre l'angolo, rubando al cielo le sfumature piene dell'Apocalisse.
André scarica un'occhiata vigile lungo la strada deserta, stringendo le palpebre incontro ai fari accesi dell'auto che rallenta, accostandosi al marciapiede. Il pistolero quasi non crede ai suoi occhi quando, scorrendo verso il basso, il finestrino posteriore oscurato rivela, attraverso la caligine bianca di un sigaro acceso, due occhi scuri inzuppati di mascara e le labbra carnose di una donna sulla cinquantina.
– Non fare quella faccia. - è la prima cosa che gli dice, spingendogli addosso uno sguardo sfacciato.
André deglutisce, confuso, sentendosi nudo.
– P-pardon?
– Già, - la donna sorride, svelando due fossette incredibili. – quella faccia.
Il pistolero contrae le sopracciglia bionde, la mano destra sospesa sul calcio del revolver, sotto il coat aperto. Per qualche ragione non lo estrae: sceglie, piuttosto, d'imbastire un sorrisetto obliquo e ben distante dalla lucidità.
– Io e te ci conosciamo, sorella?
Non sa dire se sia l'accento smaccato di Shadetrack a farle contrarre le pupille in quel modo, quando risponde.
– Non sono tua sorella.
André scrolla le spalle e butta indietro il peso, contro la parete di cemento.
– Certo che lo sei. - il suo sorriso aereo, lampante, scava negli occhi della donna un'espressione di stupore altero.
– Da dove vieni, mister?
André si stringe ancora nelle spalle, strisciando la lingua fra le labbra. Sgrana gli occhi, arricciando gli angoli della bocca lungo le guance ben rasate.
– Dovresti chiedermi, piuttosto, dove sto andando.
– Perché dovrei. - c'è una luce divertita sul fondo della sua espressione scettica.
– Per darmi un passaggio.
Il sorriso sparisce dalle labbra carnose della donna, che stringe gli argini fitti e lucenti delle ciglia nere sugli occhi vividi, quasi altrettanto scuri.
– Non lo sai, straniero, che una bomba ha rovinato la parata dell'Unification Day?
André deglutisce, vacillando contro il muro. Affonda fra i capelli sconvolti le dita della mano precedentemente protesa verso la fondina ascellare.
– Aye. - sospira piano, come se avesse timore di spaccarsi. - Mi dispiace.
Ci dev'essere qualcosa di onesto, nella maniera in cui le solleva incontro gli occhi smarriti e dolenti, che fa sentire la donna fastidiosamente in colpa e, allo stesso tempo, terribilmente intrigata.
– Come ti chiami?
Lui smette di sfregarsi la faccia per sbirciarla, prima attraverso le dita allargate e poi, quando le scosta, con una certa innocenza brutale.
– André.
Non le fornisce un cognome, e lei non glielo chiede.
– Sali a bordo, André.
Il pistolero tentenna, squadrandola con un misto di fascinazione e diffidenza.
– Dammi una buona ragione, mademoiselle.
La donna raccoglie il sigaro fra i denti, rigirandosi in bocca un bolo di fumo che le cola oltre le labbra lentamente, poi, quando ribatte.
– Tremilacinquecento ragioni ti bastano, André?
André spalanca gli occhi neri, trafitti da un lampo di stupefazione. Dal fondo delle pupille febbricitanti scaturisce, poi, un lento singhiozzo illanguidito. Affilando il sorriso, si stacca dalla parete per raggiungere mollemente la portiera dell'auto.