Koo-koo-ka-choo, Mrs. Robinson, Jesus loves you more than you will know.


5 giugno 2515 | Horyzon

Capital City sembra un'altra città, al tramonto. La luce tragica del crepuscolo inonda il cielo e l'ombra del sole, rosso come un'arancia matura, sfiora la cima dei grattacieli cadendo sopra il mare.
André, ancora sgualcito, si è lasciato alle spalle l'appartamento di Ritter e strascica gli anfibi, un po' indolente e un po' malfermo, lungo il marciapiede di una strada mai vista.
Si è perso.
– Ach, putain.
Lamenta, sfregando la faccia sciupata col palmo di una mano e irrigidendosi, poi, quando una lux car scura si affaccia oltre l'angolo, rubando al cielo le sfumature piene dell'Apocalisse.
André scarica un'occhiata vigile lungo la strada deserta, stringendo le palpebre incontro ai fari accesi dell'auto che rallenta, accostandosi al marciapiede. Il pistolero quasi non crede ai suoi occhi quando, scorrendo verso il basso, il finestrino posteriore oscurato rivela, attraverso la caligine bianca di un sigaro acceso, due occhi scuri inzuppati di mascara e le labbra carnose di una donna sulla cinquantina.
– Non fare quella faccia. - è la prima cosa che gli dice, spingendogli addosso uno sguardo sfacciato.
André deglutisce, confuso, sentendosi nudo.
– P-pardon?
– Già, - la donna sorride, svelando due fossette incredibili. – quella faccia.
Il pistolero contrae le sopracciglia bionde, la mano destra sospesa sul calcio del revolver, sotto il coat aperto. Per qualche ragione non lo estrae: sceglie, piuttosto, d'imbastire un sorrisetto obliquo e ben distante dalla lucidità.
– Io e te ci conosciamo, sorella?
Non sa dire se sia l'accento smaccato di Shadetrack a farle contrarre le pupille in quel modo, quando risponde.
– Non sono tua sorella.
André scrolla le spalle e butta indietro il peso, contro la parete di cemento.
– Certo che lo sei. - il suo sorriso aereo, lampante, scava negli occhi della donna un'espressione di stupore altero.
– Da dove vieni, mister?
André si stringe ancora nelle spalle, strisciando la lingua fra le labbra. Sgrana gli occhi, arricciando gli angoli della bocca lungo le guance ben rasate.
– Dovresti chiedermi, piuttosto, dove sto andando.
– Perché dovrei. - c'è una luce divertita sul fondo della sua espressione scettica.
– Per darmi un passaggio.
Il sorriso sparisce dalle labbra carnose della donna, che stringe gli argini fitti e lucenti delle ciglia nere sugli occhi vividi, quasi altrettanto scuri.
– Non lo sai, straniero, che una bomba ha rovinato la parata dell'Unification Day?
André deglutisce, vacillando contro il muro. Affonda fra i capelli sconvolti le dita della mano precedentemente protesa verso la fondina ascellare.
– Aye. - sospira piano, come se avesse timore di spaccarsi. - Mi dispiace.
Ci dev'essere qualcosa di onesto, nella maniera in cui le solleva incontro gli occhi smarriti e dolenti, che fa sentire la donna fastidiosamente in colpa e, allo stesso tempo, terribilmente intrigata.
– Come ti chiami?
Lui smette di sfregarsi la faccia per sbirciarla, prima attraverso le dita allargate e poi, quando le scosta, con una certa innocenza brutale.
– André.
Non le fornisce un cognome, e lei non glielo chiede.
– Sali a bordo, André.
Il pistolero tentenna, squadrandola con un misto di fascinazione e diffidenza.
– Dammi una buona ragione, mademoiselle.
La donna raccoglie il sigaro fra i denti, rigirandosi in bocca un bolo di fumo che le cola oltre le labbra lentamente, poi, quando ribatte.
– Tremilacinquecento ragioni ti bastano, André?
André spalanca gli occhi neri, trafitti da un lampo di stupefazione. Dal fondo delle pupille febbricitanti scaturisce, poi, un lento singhiozzo illanguidito. Affilando il sorriso, si stacca dalla parete per raggiungere mollemente la portiera dell'auto.