So show me family, all the blood that I would bleed.


28 agosto 2480 | Shadetrack

Marc trascina passi barcollanti lungo il vicolo scuro che taglia dalla Main Street alla periferia di Santa Rosa, la testa biondiccia rovesciata indietro e gli occhi che oscillano tra le luci sfocate delle finestre accese e la lingua di sterrato scuro, calpestato da innumerevoli piedi, che scivola tra i muri delle case e sotto i suoi stivali.
Coglie lo scalpiccio alle proprie spalle con qualche millisecondo di fatale ritardo: prima che possa reagire, qualcosa gli strattona la nuca e lo spedisce a sbattere contro il muro. Mentre gli orari d'apertura della farmacia cittadina gli s'imprimono lungo la guancia, socchiude l'occhio libero e cerca, con scapole e gomiti, di liberarsi dell'aggressore.
Putain. - la voce roca che gli s'infrange sull'orecchio ha qualcosa di familiare. - Che cazzo ti dice il maledetto cervello?
– Il mio, ah? … Claude, connard, lassc-iami.
Claude Vandoosler arretra, urtato fra le costole dal gomito spigoloso di Marc, e lo ribalta con una manata violenta per piantargli in faccia l'azzurro incupito degli occhi.
Idiot foutu. - lo spintona contro la parete, schiumando a denti stretti e sagomando le ossa squadrate della mandibola sotto la pelle abbronzata.
Marc riprende fiato e allarga le braccia, sgranando gli occhi chiari attraverso il buio.
– … cosa, Dio santissimo? Cosa!
Claude sfiata il grumo d'esasperazione che gli gonfia le narici, scrolla la testa e torna a spintonarlo.
– Ti sei messo a ballare con quella catholique davanti a tutti i suoi fratelli, testa di cazzo.
– Ah, aye … mi ha chiesto di te. Sei ancora il più carino, big brother.
Passa la lingua sul sorriso impolverato e lo guarda sgonfiarsi, dalle spalle allo sguardo livido, infilando le dita fra i capelli biondi e folti per strofinare la cute.
– Cosa devo fare, con te?
– …fai già benissimo il patetico rompicoglioni.
Stavolta, Marc è abbastanza svelto da sgusciare di lato prima che le nocche del fratello gli sfondino il naso. Se lo tasta, leccando le labbra arricciate di sbieco.
Merci, è già abbastanza storto senza che tu ci metta del tuo.
Dieu, vuoi ricordarti perché siamo qui e smetterla, una buona volta, di fare l'idiota?
– Credevo di 'essere' un idiota.
Ça va, allora sei bello e bravo. - Claude alza gli occhi al cielo, poi li sguinzaglia su per il vicolo alle proprie spalle. - Trentasei capi non marchiati. Trenta. Sei.
Morde un sorriso nel buio, e Marc stringe le ciglia come se ne fosse abbagliato. Scrolla le spalle, infilando tra la pelle e il mondo strati di disinteresse.
– Se, se. Sei riuscito a sapere dove li tengono?
– Aye, e mi sarei anche fatto dare i dettagli, se qualcuno non si fosse messo ad attirare l'attenzione come l'étoile di un bordello.
Marc si stringe nelle spalle, dondolando un sorriso tra le guance magre. Claude trascina una mano contro il viso ispido.
– Nueva Cruz, nove miglia a nord di Santa Rosa.
– Magnifico. - Marc tira su col naso, accennando al fondo della strada col mento mentre allunga il primo passo. Mastica un sorriso da schiaffi. - Se facciamo il giro largo eviteremo anche le ronde di brutes gelosi, ça va?
Claude sospira forte, arreso.
Ça va, putain.

-- it's like a bad day that never ends.


17 agosto 2515 | Bullfinch

4 am.

André allunga le dita tremanti sotto il getto del lavello, l'acqua fredda che brucia sulle nocche sbucciate gli spinge bagliori di luce pulsante dentro il cervello. Mastica l'aria immobile della sala comune immersa nel silenzio gravido di sonno e oscilla la testa lentamente, gravata di un peso scivoloso e insostenibile. Il mondo è separato dalla sua pelle da una pellicola umida che lo rende insensibile, dirottando sulle esplosioni di dolore annidate fra le tempie tutta la coscienza annichilita dal sonno. Sprazzi di sogni a occhi aperti gli invadono le pupille, la testa piena dello scrosciare dell'acqua corrente che si sovrappone e si mescola alla risata di un fiume sdraiato solo nella sua memoria. Non ha bisogno di voltarsi per vedere Costanza che attraversa la soglia della cambusa. Si avvicina al grande specchio d'argento appeso sulla parete di fondo, tra le mani ha un rasoio elettrico che usa per radersi la testa con gesti pieni di grazia, seminando lunghe ciocche brune sul pavimento. Istintivamente, colto da un lampo di nausea, André si scosta dal lavello e allunga la mano verso la rimessa delle scope; quando si muove, lo specchio si assottiglia e sparisce assieme alle spalle di Costanza, restituendo ai suoi occhi arrossati l'arredamento spartano della cucina vuota.
…putain.

I medicinali scarseggiano e i sonniferi servono per i feriti, ma la bloom lo rende così lento, languido, inerme; gli spazza la testa come una marea pietosa e volatile, che puntualmente si ritrae lasciandola sventrata e in disordine, appesantita dai detriti.
Sul letto di un bambino ferito, al campo medico, qualcuno ha lasciato un mazzo di crochi gialli. Ci è passato davanti più volte, durante la giornata, trovando ogni volta i crochi moltiplicati; finché, quando ormai tutto il letto ed il suo occupante ne erano sommersi, si è reso conto che non c'erano. Non era stato lasciato nessun fiore. I crochi gialli sono bruciati su Shadetrack, sotto le bombe, e mettono radici solo nella sua testa.


Ancora due ore prima di tornare al campo, se arriva prima Jack lo rispedisce indietro.

Si accende una sigaretta e il silenzio crepita con la carta bruciata. Stringe il filtro con labbra che hanno ancora il sapore della bocca di Mordecai: ne sono pieni il suo naso e i suoi occhi, i lombi e lo stomaco. Ecco qualcosa che mangerebbe senza vomitare.
Trascina una sedia sotto le natiche e recupera il coltello da caccia abbandonato sul tavolo. Si lecca le labbra, ferma la cicca fra i denti e apre la mano sinistra, pigiando sul legno il palmo e le dita aperte. I primi salti della lama sono cauti, impastati d'indolenza e spinti sul filo dei muscoli contratti, dell'attenzione viva e spalancata. Affonda la punta del coltello tra una falange e l'altra con metodo e scioltezza frenetici, una, due, tre, quattro volte il giro completo, avanti e indietro, dal pollice al mignolo in un'impennata precipitosa. Non si rende conto dello slittamento finché l'anulare non gli pizzica il cervello, sporcandosi di un filo di sangue obliquo che lascia sul tavolo due fiori rossi quando lo avvicina alle labbra. Succhia il taglio ad occhi chiusi, sprofondato contro la spalliera della sedia.

Un'ora e quarantasei minuti.

Dev'esserci del rum di Maracay, da qualche parte.





If I ever feel better,
remind me to spend some good time with you.
You can give me your number,

when it's all over I'll let you know…

They say an end can be a start, feels like I've been buried yet I'm still alive --


4 agosto 2515 | Tauron

I raggi di sole affettati dalle fronde del grande albero gli rovesciano negli occhi lampi di candore abbacinante, bruciando le pupille attraverso il velo fragile delle ciglia socchiuse. Gli gira ancora in testa l'universo di minacce incastonato nell'occhiata storta e nel ringhio sommesso – He's clean. – coi quali Eir l'ha accolto, prima di abbracciarlo e inondargli la bocca di ricci anarchici e profumati; un odore quasi di casa. Il peso esiguo di Cecilia Ritter, seduta sul trono d'ossa del suo sterno, gli comprime il respiro e avvalora l'impressione di stare annegando in un mare di luce. È la sua testa riccioluta a fargli ombra, quando si sporge sopra di lui come se volesse accertarsi che sia vivo.
– Hey, mi hai sentito?
André stropiccia una smorfia smarrita, sfarfallando le palpebre per mettere a fuoco, contro il cielo terso e i rami d'olivo, il viso morbido da bambina e i suoi occhi enormi.




12 agosto 2515 | Almost Home

Un esercito di scolopendre gli marcia sotto la pelle, deformandone la superficie viscida e formicolandogli nella carne senza che riesca a grattare via il prurito. Il letto è una fornace; le lenzuola sono fatte di cemento, scavano la schiena con pieghe e lembi sgualciti. C'è un'aria pesante, nella cabina 9g: l'odore del vomito ha invaso ogni angolo della stanza, mischiandosi al profumo rancido e stucchevole del sudore che gli ha infradiciato i capelli e i vestiti. A torso nudo, se flette il mento riesce a vedere la linea dritta e lucida del proprio sterno; ma non osa guardarsi le braccia scoperte, dove le scolopendre strisciano e brulicano sotto la pelle con le loro mille zampe. Dev'essere il loro veleno a mandarlo a fuoco in questo modo, mentre i brividi di freddo gli scuotono le ossa e lo costringono a stringere i denti per non batterli. Se riuscisse a fermare il vorticare della testa, a mettere in ordine i pensieri, potrebbe contare le ossa del proprio corpo e trovarne una che non gli sembri sul punto di spezzarsi a ogni sussulto dei muscoli. Vorrebbe dormire, ma il dolore lo tiene sveglio e le scolopendre non smettono di strisciare, e smascellare, e contorcersi dentro la sua carne.



4 agosto 2515 | Tauron

– … hmnno?
André stropiccia un sorriso arreso e dolciastro, di plateale innocenza. Cecilia si difende con una contrazione netta delle sopracciglia, abbandonando nell'aria calda di Tauron uno sbuffo di sufficienza.
– Sei peggio della ritardata. - rileva, annichilendo il disagio infantile con un sospiro e aggrappando le dita minuscole al colletto sbottonato della camicia a quadri del proprio principe azzurro.
– Chi sarebbe la ritardata?
– Lelaine.
La smorfia sardonica che ha invischiato le labbra di André si contamina di vaga perplessità.
– Ma non è ritardata.
– Sì che lo è.
– No che non lo è.
Sì che lo è.
Gli occhi verdi di Cecilia palpitano di determinazione cruda, tra le sopracciglia la stessa ruga ostinata di sua madre. André ci scivola dentro con un'occhiata, sturando le narici di un grumo d'aria irridente.
– Croyez-moi, kiddow, ti dico che tua sorella è più sveglia di te.
Due archi di scetticismo bruno svettano sugli occhi stretti di Cecilia.
– No che non lo è.
– Sì che lo è. - André le sorride, amabile e allucinato, atterrato sul prato dalla massa caparbia e tirannica delle piccole ossa della bambina.
Non lo è.
– Sicuro che lo è, 'Cilia … e forse è anche più sveglia di tuo padre.
Cecilia sgrana gli occhi, trafitta da un fulmine a ciel sereno. Apre la bocca e poi la richiude, stringendo le labbra fino a sbiancarsele, talmente contratta a cavalcioni del suo torace che André riesce quasi a sentirla vibrare.
Nessuno. - scandisce la sua voce acuta, pigolante come un pulcino d'aquila. - È più sveglio di papi.
Dev'essere la fermezza schiacciante di quel 'papi' a sradicare dal torace compresso di André la risata arresa, scrosciante, che gli traballa negli occhi e sfila oltre le labbra, mentre affonda la nuca contro il browncoat a misura di nano ammucchiato sull'erba a mo' di cuscino.
– Ça va, ça va … hai vinto tu, chérie. - mugola, arrendevole e melenso, leccandosi le labbra e sfarfallando le palpebre contro le infiltrazioni di luce che sfilano tra i capelli della bambina. - Che stavi dicendo?
– … quando mi porti in guerra con te? 
André questa volta la sente. Allarga le palpebre sugli occhi neri inondati di luce, grondanti di stupefazione, e la testa bionda sussulta sul browncoat improvvisamente intessuto di spilli conficcati, tutti, nella sua nuca.
– Mai, putain. - obietta in un rantolo sofferente.
Cecilia sgrana gli occhi verdi, interdetta, oscillando a mezz'aria il cespuglio di ricci castani.
– Perché no?
Il cervello di Vandoosler s'inceppa, cigola, rallenta. Poi riparte, trascinandogli verso l'alto gli argini della bocca.
– Perché quando sarai abbastanza grande, Cecilia VJ Ritter Sterling, avremo già vinto.




12 agosto 2515 | Almost Home

Il labbro inferiore si è crepato sotto la pressione insistente dei denti, riempiendogli la bocca del sapore ferroso del sangue. Da qualche parte ha della Bloom, nel cassetto, forse dentro la tasca dei jeans, ma le dita gli tremano al punto che non sarebbe capace di girarsi una sigaretta. A stento riesce a stringere le pieghe del lenzuolo senza frantumarsi le nocche, che si sono irrigidite e, come il ghiaccio, sembrano spaccarsi quando le flette. L'angoscia risucchia le pareti della cabina sulla sua testa, le scolopendre hanno colonizzato le braccia e stanno strisciando su lungo il collo; raggiungere la gola con le dita per grattarsi è quanto di più doloroso e difficile gli sia mai capitato di fare. I perforanti alleati non sono niente, paragonati alle scolopendre, e nessuna guerra è paragonabile alla guerra contro le scolopendre. Le scolopendre hanno migliaia di zampe, migliaia di corpi spinosi, migliaia di voci stridenti.

L'astinenza ha il volto brulicante di un esercito di millepiedi dalla testa rossa e l'odore acidulo dei succhi gastrici.