We didn't start the fire. No, we didn't light it, but we tried to fight it.


25 giugno 2515 | Bullfinch, Almost Home

– Volete uscire mentre mi cambio, come fa Sam Hale?
Mordecai li fissa in rigorosa attesa, le dita minute e sottili strette attorno al primo bottone della camicia victorian, subito sotto il mento.
André tentenna, affilando un sorriso di radiosa innocenza mentre temporeggia, sul punto di dire che
 

– No. - la voce di Renee, che ha smesso di spalmare la mano fra le orecchie di Anchorage per trafiggerlo con uno sguardo allarmato, spezza il fiume delle sue indolenti considerazioni. 
– No, cioè, sì, sì! Sì … vogliamo uscire. Vero, Andre? Usciamo.
L'ultima esortazione ha il tono fermo, unto di panico, di un ordine supplichevole. André si stringe nelle spalle e tira su col naso, annuendo.
 

– …aye, ça va. Certo che usciamo.
Piroetta mollemente su se stesso e si ritrova all'esterno della cabina, spalle alla porta e spalla a spalla con Bolivar, che si strofina i capelli nervosamente e spinge lo sguardo su e giù per il corridoio come se si aspettasse di veder sbucare un intero reggimento di fanteria alleata da dietro l'angolo.
No; probabilmente, trovarsi faccia a faccia con qualche centinaio di marines non gli metterebbe tutta questa inquietudine addosso.

– Non si sveglierà. - commenta André, docile, pescando la sigaretta incastrata sopra l'orecchio. Contrae le sopracciglia slavate, incassando l'eco delle voci di Wright e Bolton che si affastellano l'una sull'altra, riecheggiando dalla testa della nave qualche sconclusionato canto di guerra. - …well, non per causa nostra.
Renee arrossisce, nella penombra, e si gratta la nuca mentre sbircia perplesso in direzione della plancia.
– …fanculo, Andre, tu dormi dal lato del muro.
Gli occhi blu e risoluti scivolano sulla punta della cicca, li spalanca limpidamente.

– Non vorrai … non vorrai fumarla adesso.
André cede alla tentazione di stirarsi sulla bocca un ghigno squilibrato, godendosi il lampo di panico risoluto sul fondo delle sue pupille, prima di scuotere docilmente la testa biondiccia.

– Nay, fratello, non la fumo adesso. - si lecca le labbra, rigirando la sigaretta fra le dita a tempo perso. - Comunque perché devo dormirci io, vicino al muro?
Renee solleva le sopracciglia spesse, boccheggiando in cerca di parole che gli sfuggono.

– …lo sai, perché.
André raccoglie l'allusione a bocca aperta, rifilandogli un'occhiata stupefatta. Prima che possa dire nulla, o sfogare la risata che rimbomba stretta nelle pupille, tre colpi secchi alla porta annunciano loro che sono stati riammessi al cospetto del minuscolo medico di Spartaca.

– Sorella, giuro solennemente di non attentare alla tua virtù durante la notte. - la informa André, a bruciapelo, mentre s'infila per primo all'interno del bunk, accolto da occhi azzurri come una lastra di ghiaccio e altrettanto privi di comprensione.
– Naturalmente no, André Vandoosler. Anchorage ti sbranerebbe. - il dobermann, accoccolato ai piedi della branda di Renee, solleva il muso e scopre i denti in un ghigno canino. - Questo non è uno scherzo.
Mordecai si volta, torna verso il letto, mentre Bolivar e Vandoosler si ammucchiano a sedere sul bordo dell'altro. In tshirt sdrucita e boxer, il 'tracker sbircia il pantalone lungo del pigiama del pistolero di Blackrock con un mezzo ghigno indolente.

– André Vandoosler. - la voce di Mordecai, che si è seduta a gambe incrociate sulla coperta come una bambina (o la miniatura di un efferato generale), lo spinge a cercarla con uno scatto leggero del mento. - Ti piace la morfina?
Sente Renee boccheggiare e, per un attimo, schiude anche lui le labbra come un beota. Impiega quei due, tre secondi a contestualizzare la domanda. Mastica un mezzo sorriso, schiccherando la sigaretta rimasta spenta sul comodino.

– Mi piace la morfina, ma non è la risposta che stai cercando.
Il sorriso aleggia per un istante, sulla bocca della spartiana; poi sparisce.

– La ri … sposta? - Renee è tornato a strofinarsi la nuca, alternando lo sguardo smarrito e vivido fra il medico e il pistolero.
– Renee Bolivar, André Vandoosler mi ha sfidato a indovinare cos'è che gli piace e si trova all'interno della sickbay. Sono molto brava con gli indovinelli.
André torce repentinamente il muso, inchiodando lo sguardo di Bolivar con un lampo tronfio e luminoso degli occhi neri.

– André Vandoosler, ti piacciono i batuffoli di cotone?
Mordecai Adler, impassibile, fissa i due uomini che scoppiano a ridere all'unisono, afflosciandosi uno addosso all'altro sul materasso, con lo stesso cipiglio altero e stranito di Helena, il falco lupo appollaiato sulla canna del dragoon fissato sopra la testiera del letto.


Durante la notte André si sveglia, strappato alle tinte iridescenti della coda di una sirena di Whitmon dall'urgenza frenetica, silenziosa, di una necessità che ha deliberatamente ignorato per tutta la serata. Deglutisce, aprendo gli occhi sulle spalle di Bolivar che gli stanno a un soffio dalla punta del naso, scoprendosi attorcigliato al lenzuolo mentre il sollevarsi lento, regolare, della schiena del compagno di letto gli rivela che dev'essere addormentato.
Con la cautela di una volpe che sguscia nel pollaio, in silenzio, scolla la guancia dall'angolo del cuscino (Renee se l'è rubato quasi tutto) e pianta una mano sul materasso per drizzarsi a sedere. Gli occhi impiegano poco a sfuggire agli scampoli del sonno, abituandosi alla penombra cupa della cabina: distingue la sagoma affilata di Mordecai, immobile sotto le coperte, e i due grumi neri e attorcigliati sul pavimento che sono Thiago e Anchorage.
Valuta in silenzio l'ipotesi di sgusciare fuori da letto e trascinarsi da qualche parte, attraverso la nave silenziosa, per mettere a tacere i tuoni che gli rimbombano nel sangue, e sfrega la lingua sulle labbra, piegando le gambe con cautela per districarle dalle pieghe del lenzuolo. Poi, alla periferia dello sguardo, coglie un bagliore limpido nel buio e, torcendo il collo con uno scatto brutale, incrocia l'occhiata torva, penetrante, del falco che svetta sul fucile automatico.
Rabbrividisce, ingoiando i battiti del cuore schizzati in gola, e sostiene l'invadenza limpida e implacabile degli occhi del rapace senza riuscire a muoversi.
Bolivar si rigira, strusciandogli contro il fianco, e sospira nel sonno, madido nel caldo infernale che due corpi troppo ingombranti sono riusciti a produrre in quello spazio ridotto.
André solleva una mano, sfregando il viso sudato, iniettando le dita lunghe e segnate fra i capelli.
Torna ad accasciarsi sul materasso, respira a fondo l'odore di uomini e bestie ammassati nella stessa, minuscola cabina. Mastica il labbro inferiore, stropicciando un sorriso esasperato.
Dopotutto non vorrebbe trovarsi da nessun'altra parte, adesso.

Step from the road, to the sea, to the sky.


21 giugno 2515 | Bullfinch

André respira coi polmoni spalancati, gli occhi pieni di sole e di spighe verdi.
Ha recuperato Liquorice allo spazioporto e tagliato per i campi sulla strada del ritorno. Adesso stringe le palpebre incontro alle dita gialle e moleste del mezzogiorno: si è fermato lungo il fiume, poco fa, e i capelli fradici si stanno già asciugando come paglia gialla al sole. Il mustang gli scalpita fra le gambe, insofferente per l'andatura contenuta, per il lungo, infinito viaggio che l'ha condotto dalle praterie di Greenfield a quelle di Bullfinch.
André gli assesta una manata lungo il collo forte e arcuato, strofinando con le dita il pelo corto, color vinaccia, ai lati della criniera.
Passando la lingua fra le labbra fissa un punto verso l'orizzonte, tra le ombre distanti di due edifici, probabilmente un ranch e una stalla. Oltre quelli, la Main Street di Timisoara; un oceano di sfumature verdi e gialle a separarlo dalla meta.
Gli tremano le mani, per un momento, quando un soffio di vento piega le teste rosse dei papaveri infestanti, allineati fra una striscia di sementi e l'altra, come una carezza invisibile. Deglutisce e piega lentamente la schiena, arcuandosi per posare le labbra fra le orecchie del cavallo e mormorargli qualche parola nel francese creolo di Shadetrack.

Gli schiocca un bacio sulla testa e si raddrizza con uno scatto fluido, tracotante, piantandogli i talloni nei fianchi e sprimacciando le redini con un fischio acuto, sradicato dal fondo del petto largo.
Liquorice non si fa pregare, affonda gli zoccoli anteriori nello sterrato e spinge con le cosce potenti, lucide di muscoli sotto il pelo raso, per lanciarsi al galoppo verso il cielo. Una freccia che taglia la pianura sconfinata. 

André non ha quasi bisogno di tenere le briglie: le abbandona del tutto quando, scivolando in basso con le spalle, trova con le dita i ciuffi della criniera del mustang e ci si aggrappa ululando, ridendo, accompagnando i sussulti dell'animale con guizzi estasiati dei muscoli.
Il vento sulla faccia, il sole nei capelli, il profumo dell'erba dentro il cuore.

Happiness is a warm gun.


14 giugno 2515 | Almost Home

John è ancora su Boros a occuparsi della sua gente.
André ha la cabina tutta per sé.
Seduto sul letto, con le spalle al muro, rigira la pistola fra le dita.
Gli rimbomba ancora in testa la voce di Klaus.

– Sei un soldato. - si ripete sommessamente. - Sei un soldato. Sei un soldatoseiunsoldato sei. Un. Soldato.
Prova a leccare la canna del revolver. Ha un sapore metallico che ricorda un po' quello del sangue.
Se la infila in bocca lentamente, spingendola a fondo, finché non avverte il conato del vomito. Prende un respiro profondo, calca la curva del grilletto col polpastrello dell'indice.
Per qualche ragione gli scivola fuori dal naso una risata che vibra nei muscoli, gli fa tremare le dita.
Sei un soldato.
Appoggia la nuca contro la parete, ansimando a occhi chiusi.
Poi sfila lentamente il revolver dalla bocca e lo getta in là sul materasso. Recupera l'hypospray, sfilando la bustina di switch da sotto al cuscino. Preparare la dose è un procedimento metabolizzato, facile, che la detenzione non ha arrugginito.
Il dolore scivola fuori, subentra l'estasi.
Le pareti della trappola senza via d'uscita gli si squagliano attorno. Il circolo vizioso di sangue che chiama sempre altro sangue si sfalda dolcemente.
Assieme all'ultimo grammo di coscienza.



God does not speak to me, He speaks through me.

-- for though they may be parted, there is still a chance that they will see. There will be an answer, let it be.


11 giugno 2015 | Fargate

Dio, mi fa male tutto. Non riesco a stendermi sulla schiena, non riesco quasi a muovermi. Affondo il profilo nel cuscino e non ho alcun controllo sulle lacrime che mi si staccano dagli occhi, rigando la pelle, invischiando la stoffa. Si mischiano al sangue di cui sento, ostinatamente, il sapore in bocca. Edwards, la piccola Edwards è venuta a trovarmi. Mi ha portato una sigaretta. Putain, credevo d'essere sul punto di venirmi nelle mutande. La piccola Edwards con le ali spezzate, i sorrisi amari, la tristezza dignitosa. Sogno Kirill tutte le notti, mentre i miei giorni sono tormentati dall'immagine trasparente di Costanza, dal suono della sua voce e dal tocco leggero delle sue minuscole dita. Non ricordo più il sapore delle sue labbra … Dieu, non ricordo più il sapore delle labbra di nessuna donna. Huong, Huong mi chiama 'puttana' ma è terrorizzato dalla fame con cui mi guarda. Povero bastardo malato, la sofferenza lo eccita più di una ragazza del Beau Regard. Vorrei tanto scoparmi una di quelle brave ragazze, ma non so se ne avrei più la forza. Costanza mi balena spesso alla periferia dello sguardo, la vedo riflessa nei muri come fossero specchi e non sempre resisto all'impulso di voltarmi per cercarla dietro di me. Non la trovo mai. Due giorni fa, mentre il secondino di merda mi faceva succhiare il manganello come se fosse il suo cazzo di metallo da impotente, per un momento mi sono scoperto felice della morte di Patrice: non vive, non può soffrire dell'umiliazione e del dolore di suo padre. Mi sono pentito di questo pensiero quasi nell'istante in cui ha preso forma nel mio cervello spezzato- era una stronzata, Dio mi perdoni. Consacrerei la mia intera vita a questo Inferno di percosse e umiliazioni se servisse a cancellare la morte del mio bambino. Ma è così che cercano di piegarmi, di farmi desiderare poco a poco che tutte le cose che ho amato non fossero mai esistite. Per sgretolare il mio amore un pezzo alla volta e fare spazio all'odio che mi vomitano costantemente addosso. Ma l'odio è un corollario della paura e questo significa che sono loro a temermi. Io non ho niente da perdere e tutto da guadagnare. Fuori di qui mi aspettano la piccola Edwards, Cristobal (Dieu, chissà se frère d'os sa che sono qui, chissà cosa pensa, chissà se-), Rev, Jack, fratello Schmidt e Hogs, Huck, persino Ezra, con il suo odio maldestro, Cuore di Panna (come l'ha chiamata Eivor) e Cecilia. Cecilia Ritter. Cecilia Ritter Sterling. La bambina che custodisce il futuro del 'Verse nelle sue piccole mani, negli occhi, nell'amore puro dei suoi genitori. Chissà dov'è adesso Ritter, in quale paradiso artificiale. Mi fanno male le ossa, la spalla sinistra si è coagulata in un grumo di dolore costante. Maya Harvey, se immagino addosso le sue unghie riesco quasi a farmelo venire duro. Sam Hale non ne sarebbe contento. La mia cella è buia, ho perso il senso del tempo. Red Wright, fratello, chissà dove cazzo sei, in quale sottolivello, in quale cella. Apro la bocca e lo biascico a fatica, lentamente, 'fratello', che tanto non mi puoi sentire. Mi manca l'oblio della switch, questa lucidità mi uccide, ma ho scoperto una cosa, stamattina (era mattina?), mentre Huong mi spaccava la schiena a manganellate. Lars aveva torto. Io sono André Vandoosler, Vandoosler il giovane, con o senza la droga, lucido o allucinato- è più difficile, soffro come un cane, ho voglia di morire più spesso di quanto dovrei. Non ragiono lucidamente, che è paradossale giacché il mio sangue non è mai stato così pulito dalla fine della guerra. Vorrei annegare in una dose. La sigaretta di Edwards. Dieu, mi stavo venendo addosso. Chissà che faccia avrebbe fatto. La voce di Costanza mi canta in testa continuamente, se chiudo gli occhi la vedo, mi porge un'arancia sbucciata e canta come un angelo. Porterò quell'arancia sulla tomba di Kirill, quando uscirò di qui. Poi salverò il 'Verse e tutti, tutti, tutti saranno felici.
Anche tu, Huong, lurido pezzo di merda.

And when the broken-hearted people, living in the world agree, there will be an answer, let it be --


11 giugno 2515 | Fargate

Bradley Huong ha sempre amato il suo lavoro, ma non riesce a ricordare esattamente quand'è che ha cominciato a piacergli così tanto. Non ha perso nessuno, a Cap City, ma ogni infornata di cani indipendentisti in catene lo delizia di una gioia feroce, che ha un qualcosa di erotico su cui, però, preferisce non soffermarsi mai.
Urta sempre, accidentalmente, la spalla ferita del detenuto 8750 col manganello, quando non spacca le pietre al ritmo della musica che gli piace immaginare o mugolare, mentre sorveglia i lavori forzati, o quando lo incrocia attraverso la mensa (e fa in modo d'incrociarlo spesso). Per qualche ragione, è terribilmente infastidito dalla maniera in cui il pezzo di merda indipendentista lo guarda senza rancore.
Adesso, infilatosi nella sua cella per una 'visitina di controllo', appoggia la punta metallica e stondata del manganello sotto il suo mento e lo solleva verso di sé: l'ha fatto inginocchiare a forza di botte sulla milza, dove sa che 8750 custodisce un'altra ferita (lo sa perché l'ha fatto spogliare, il primo giorno, e gli ha pigiato il manganello fra le natiche senza penetrare, paralizzato dal disgusto al pensiero che l'idea di violentare un 'rimmer potesse lontanamente eccitarlo).
– Guardami bene, puttana.
Ringhia, con un sorriso largo e crudo, al cane indipendentista che lo squadra, dal basso, con quegli occhi neri e arrossati che detesta dal giorno in cui l'ha incontrato. Per questo ha fatto in modo di rendere il destro tumefatto, affinché fatichi ad aprire le palpebre: vorrebbe cavarglieli e pestarli sotto lo stivale, a dirla tutta, ma la vista di un solo occhio è già più sopportabile che il doverli affrontare entrambi.
– Cos'è quella faccia, 8750? Non sei felice di vedermi?
8750 non risponde, si limita a fissarlo docilmente. Pallido come un fantasma, quei suoi dannati occhi sembrano pozzi di catrame vacuo, incandescente, troppo intenso per la sua pelle: per un momento, Bradley Huong si chiede se non ci sia il rischio che gliela squagli sulle ossa.
Il manganello impatta contro la tempia del detenuto e lo spedisce a terra, rovesciato sul fianco, con l'aria tramortita e uno spacco vistoso a grondare sangue nel mezzo del sopracciglio rotto.
8750 non cerca di rialzarsi, se ne rimane riverso sul pavimento a respirare affannosamente, sfarfallando le palpebre inzuppate di sangue dell'occhio più esposto. Bradley Huong lo vede muovere le labbra, lentamente, finché non ne sgorga un filo di voce strozzata.

When I find myself in times of trouble, Mother Mary comes to me, speaking words of wisdom, let it be… - canticchia, impastando note tremanti e imprecise.
Bradley Huong ha imparato a detestare quella preghiera, a forza di sentirgliela rantolare fuori.
Si china bruscamente, vinto da un conato di rabbia, e agguanta il bavero della tuta di 8750 per trascinarlo nuovamente in ginocchio e spingergli la punta del manganello contro la spalla sinistra, cavandogli un urlo rauco e lancinante. Lo spinge a terra di schiena, curvandosi su di lui con un sorriso ebbro, gli occhi grigiastri affilati come lame di rasoio.

– A terra, devi stare. A strisciare come il verme che sei.
Commette l'errore, poi, di allentare la pressione sulla spalla ferita di 8750, quando i suoi lamenti agonizzanti rischiano d'infiammargli i lombi. Gli lascia il tempo di respirare, di riprendere fiato, di affondare ancora gli schifosi occhi gonfi di lacrime nei suoi.

– Vuoi scoparmi, Huong? - articola dolcemente, a fatica, con un sorriso irridente contratto nel dolore. - Perché lo capirei.
8750 riesce a malapena a rotolare faccia in sotto, con un guizzo istintivo e selvatico dei muscoli, prima che il manganello si abbatta fra le sue scapole.
Le grida disperate dell'animale battuto riempiono il corridoio per una buona mezz'ora.

Koo-koo-ka-choo, Mrs. Robinson, Jesus loves you more than you will know.


5 giugno 2515 | Horyzon

Capital City sembra un'altra città, al tramonto. La luce tragica del crepuscolo inonda il cielo e l'ombra del sole, rosso come un'arancia matura, sfiora la cima dei grattacieli cadendo sopra il mare.
André, ancora sgualcito, si è lasciato alle spalle l'appartamento di Ritter e strascica gli anfibi, un po' indolente e un po' malfermo, lungo il marciapiede di una strada mai vista.
Si è perso.
– Ach, putain.
Lamenta, sfregando la faccia sciupata col palmo di una mano e irrigidendosi, poi, quando una lux car scura si affaccia oltre l'angolo, rubando al cielo le sfumature piene dell'Apocalisse.
André scarica un'occhiata vigile lungo la strada deserta, stringendo le palpebre incontro ai fari accesi dell'auto che rallenta, accostandosi al marciapiede. Il pistolero quasi non crede ai suoi occhi quando, scorrendo verso il basso, il finestrino posteriore oscurato rivela, attraverso la caligine bianca di un sigaro acceso, due occhi scuri inzuppati di mascara e le labbra carnose di una donna sulla cinquantina.
– Non fare quella faccia. - è la prima cosa che gli dice, spingendogli addosso uno sguardo sfacciato.
André deglutisce, confuso, sentendosi nudo.
– P-pardon?
– Già, - la donna sorride, svelando due fossette incredibili. – quella faccia.
Il pistolero contrae le sopracciglia bionde, la mano destra sospesa sul calcio del revolver, sotto il coat aperto. Per qualche ragione non lo estrae: sceglie, piuttosto, d'imbastire un sorrisetto obliquo e ben distante dalla lucidità.
– Io e te ci conosciamo, sorella?
Non sa dire se sia l'accento smaccato di Shadetrack a farle contrarre le pupille in quel modo, quando risponde.
– Non sono tua sorella.
André scrolla le spalle e butta indietro il peso, contro la parete di cemento.
– Certo che lo sei. - il suo sorriso aereo, lampante, scava negli occhi della donna un'espressione di stupore altero.
– Da dove vieni, mister?
André si stringe ancora nelle spalle, strisciando la lingua fra le labbra. Sgrana gli occhi, arricciando gli angoli della bocca lungo le guance ben rasate.
– Dovresti chiedermi, piuttosto, dove sto andando.
– Perché dovrei. - c'è una luce divertita sul fondo della sua espressione scettica.
– Per darmi un passaggio.
Il sorriso sparisce dalle labbra carnose della donna, che stringe gli argini fitti e lucenti delle ciglia nere sugli occhi vividi, quasi altrettanto scuri.
– Non lo sai, straniero, che una bomba ha rovinato la parata dell'Unification Day?
André deglutisce, vacillando contro il muro. Affonda fra i capelli sconvolti le dita della mano precedentemente protesa verso la fondina ascellare.
– Aye. - sospira piano, come se avesse timore di spaccarsi. - Mi dispiace.
Ci dev'essere qualcosa di onesto, nella maniera in cui le solleva incontro gli occhi smarriti e dolenti, che fa sentire la donna fastidiosamente in colpa e, allo stesso tempo, terribilmente intrigata.
– Come ti chiami?
Lui smette di sfregarsi la faccia per sbirciarla, prima attraverso le dita allargate e poi, quando le scosta, con una certa innocenza brutale.
– André.
Non le fornisce un cognome, e lei non glielo chiede.
– Sali a bordo, André.
Il pistolero tentenna, squadrandola con un misto di fascinazione e diffidenza.
– Dammi una buona ragione, mademoiselle.
La donna raccoglie il sigaro fra i denti, rigirandosi in bocca un bolo di fumo che le cola oltre le labbra lentamente, poi, quando ribatte.
– Tremilacinquecento ragioni ti bastano, André?
André spalanca gli occhi neri, trafitti da un lampo di stupefazione. Dal fondo delle pupille febbricitanti scaturisce, poi, un lento singhiozzo illanguidito. Affilando il sorriso, si stacca dalla parete per raggiungere mollemente la portiera dell'auto.



Let it be.


14 novembre 2502 | Shadetrack

– Grazie di essere rimasto sveglio fino alla fine.
André stropiccia una smorfia sussiegosa, estremamente poco credibile.
– Non so di cosa parli, Costi, io sono un uomo di fede.
Costanza Barrera sbuffa una risata argentina, impalpabile, stringendo gli occhi incontro al sole per sbirciare in tralice il profilo del marito.
– Ay, lo sai che a papa non piace che mi chiami così.
– Per forza. - André alza gli occhi al cielo, in un moto di scetticismo eloquente. - Lui vorrebbe che ti chiamassi señora Barrera.
Costanza ride, appesa al suo braccio come una bambina.
– E' il tuo accento, che non gli piace.
Una volta a settimana, ogni domenica, la famiglia Barrera si sposta dall'Olmos Ranch a Mexican per la messa. André tenta puntualmente di sottrarsi a questa incombenza e, puntualmente, si ritrova a ciondolare sul sagrato della chiesa mentre il resto della famiglia passa a turno dal confessionale. Costanza fa sempre in modo di essere la prima, poi lo raggiunge e passeggiano insieme attraverso il piccolo podere che i Barrera hanno donato alla congregazione di padre Hughes.
S'infilano sotto l'ombra di un arancio e André solleva la mano libera, oltre la propria testa, per aggrappare le dita a uno dei rami più bassi. Accenna col mento al giovanotto bruno che, seduto sui gradini della chiesa, fuma in silenzio a schiena curva.
– Ay, miralo, tuo fratello deve avere quelque chose da raccontare al prete, hun?
Costanza solleva la linea volitiva del mento per propinargli, dal basso, un'occhiata limpida e ridente.
– Perché non lo lasci in pace, una buona volta?
André scrolla le spalle, gonfiando i polmoni d'aria e stringendo le palpebre sui ciuffi bruni e disordinati di Adàn Barrera.
– Perché Raul è una testa di cazzo. - ribatte, stropicciando un mezzo ghigno indolente.
Tasta la scorza ruvida di un'arancia e la stacca dall'albero, porgendogliela delicatamente con un guizzo troppo vispo degli occhi neri.
La mano di Costanza è talmente piccola che André potrebbe chiuderla completamente in un pugno, i suoi occhi troppo azzurri e il sorriso furbo, dolciastro e un po' strafottente.
Fastídiate, Andre Vandoosler, siamo vicini alla casa di Dio.
Si prende l'arancia e lui sgrana vagamente gli occhi vividi, impastando un sorriso incredulo.
Putain, Costi, lo so dove siamo. Mi sono appena sorbito la fottuta messa dal principio alla fine. - la prende per le spalle, piegandosi per sfiorarle la punta del naso e mormorare a ridosso delle sue labbra. - …non hai sentito il prete? Adamo ed Eva si davano da fare nel giardino dell'Eden.
Accenna, con un gesto vago delle dita, al frutteto che li circonda. Costanza gli ride sulle labbra, premendo la bocca sulla sua prima di ritrarsi, vittoriosa: affonda le dita oltre la buccia dell'arancia, arretrando di un paio di passi leggeri.

– Venire a messa non ti piace proprio. - considera, divisa tra gli strascichi della risata ed un cruccio vago, più scontento che severo.
Semina coriandoli di scorza sul terriccio, come uno strascico per i suoi passi. André la insegue, svogliatamente, affondando le mani nelle tasche dei calzoni buoni. Si stringe nelle spalle.

– Mi è piaciuta la preghiera. Com'è che faceva? - si lecca le labbra e canticchia sommessamente. - When I find myself in times of trouble, Mother Mary comes to me.
La sua bella voce baritonale non basta a nascondere il fatto che sia profondamente stonato. Costanza ride, spalancando gli occhi chiari attraverso l'ombra delle fronde.

…speaking words of wisdom, let it be.
All'Olmos Ranch si dice che la figlia del patron abbia la voce di un angelo.
Non esagerano.

And in the hour of darkness, she is standing right in front of me, speaking words of wis-dom-
Le labbra di André le chiudono la bocca e, solo per un momento, Costanza Barrera si abbandona fra le sue braccia, contro le sue labbra, riempiendosi le narici dell'odore selvatico che gli invischia la pelle.
Sfarfalla le palpebre e si scosta nettamente, poi, consegnandogli l'arancia sbucciata e perfettamente rotonda con cura affettata, come la consegnerebbe a un bambino.
André la prende, alternando lo sguardo fra il frutto e la moglie con una smorfia leggera, arresa.
Dieu, mi farai impazzire. - lamenta, tragico, addentando la polpa con noncuranza.
– Stanotte. - confida lei, stringendosi nelle spalle, e gli gira intorno per tornare verso la chiesa.
André strizza le palpebre, abbagliato dal suo sorriso, e rovescia uno sguardo sognante sulla polpa grumosa dell'arancia, sospirando come una ragazzina.



It takes a fool to remain sane.


5 giugno 2515 | Horyzon

André sfarfalla le palpebre, le strizza, deglutisce un fiotto di saliva pastosa. Non sa bene se a svegliarlo sia stato il sole che invade la stanza, attraverso la vetrata precipitosamente affacciata verso il mare, o il suono sgraziato dei tasti che Ritter, seduto al pianoforte, sta pigiando con noncuranza a intervalli irregolari.
Il medico torce il collo, sentendo il frusciare sconnesso dei suoi movimenti, e strizza una palpebra sola contro la luce che gli investe metà del viso nel soppesare l'ospite con distacco analitico, un sorriso scosceso a malapena arrampicato sulla guancia magra.
André si passa una mano sul viso, sfregando le palpebre e la bocca, mentre si tira su a sedere sul letto con uno sforzo immane. Ha dormito sopra le lenzuola, in pantaloni e camicia, ma quando appoggia le piante dei piedi sul pavimento si accorge di essere scalzo.
Sulla coda del pianoforte brillano due bicchieri di vetro, e una bottiglia vuota giace sul pavimento assieme a infiniti mozziconi di sigaretta e rose rosse sparpagliate.
Vandoosler valuta la stanza limpida, illuminata dal sole caldo del primo pomeriggio, cercando meccanicamente la fondina ascellare appesa, assieme al coat, sullo schienale di una sedia.
Ritter distoglie lo sguardo, sfiorando i tasti con una ditata troppo leggera perché ne venga fuori alcun suono.
– Noemi chi sarebbe? - domanda pacatamente, disinteressato, ruotando lo sgabello per afferrarsi le cosce con le mani scarne e sporgersi verso di lui. Gli occhi verdi e inviolabili sviscerano la smorfia perplessa del pistolero con l'invadenza fredda di un bisturi.
– Noemi?
Il medico fa spallucce e si tira in piedi svogliatamente, tediato ed elegante, scansando una corolla sgualcita con le dita lunghe per raccogliere da terra il pacchetto di Engine. Ne strappa la carta con leggerezza chirurgica alla ricerca, vana, di un'ultima sigaretta.
– Noemi. - ripete, senza guardarlo. - Prima hai parlato nel sonno, hai detto "Noemì, piutàn, passami una lumaca imburrata".
Ne scimmiotta l'accento con una certa, opaca soddisfazione. Dev'essersi svegliato da pochissimo anche lui, malgrado l'aria di smaccata superiorità.
Putain
? - seduto sul bordo del materasso, gli avambracci scoperti puntellati contro le cosce e lo sguardo allucinato che zigzaga sul pavimento, André si lecca le labbra e schiarisce la voce un paio di volte, pensieroso.
– Nay. - si stringe nelle spalle, poi, tirandosi in piedi con un solo e potente sforzo di volontà barcollante. - Mai sentita, fratello.
Ritter sta ancora contemplando il pacchetto di Engine, tristemente vuoto, ormai ridotto a striscioline.
Vandoosler stropiccia i capelli biondastri con una mano e vacilla, quando lo sguardo appannato dal sonno gli cade fuori dalla vetrata panoramica. Trattiene il fiato, per un momento, e sul viso sgualcito, negli occhi, gli balena un'espressione sopraffatta e luminosa quasi quanto il cielo. Il medico, indirizzandogli un'occhiata casuale, si scopre tardivamente a masticare un ghigno indolente.
– Abbiamo finito le sigarette. - comunica con distacco professionale.
André sbatte le palpebre e distoglie, a fatica, lo sguardo ipnotizzato dal mare di Cap City. Tira su col naso e si lecca le labbra, senza fretta, infilando le mani nelle tasche dei calzoni per frugarle e cavarne fuori, in capo a qualche momento, una sigaretta spezzata.
– …et voilà.
Eleazar squadra la metà penzolante della cicca con un misto di stupore blasé e compatimento che non intacca granché il sorriso tumido, allucinato, del suo interlocutore.
Vandoosler spezza definitivamente la sigaretta, come fosse un'ostia, e brucia la distanza con un paio di falcate sbilenche per incastrarne il filtro tra le labbra del medico con un guizzo calibrato, straordinariamente svelto, delle lunghe dita sfregiate. L'altra metà, solo carta e tabacco, se la ficca in bocca con un certo compiacimento solenne.
Amen.
Ritter sbuffa fuori un grumo d'aria un po' arreso, un po' insofferente, e gli allunga la fiamma dell'accendino.
Il sole sale leggero tra le nuvole di Capital City.

The only boy who could ever teach me was the son of a preacher man.


3 giugno 2500 | Shadetrack

I fienili sono posti di merda in cui fare l'amore, André non ne è mai stato così consapevole.
Sfila qualche filo di paglia dalle mutande, mentre le tira su assieme ai pantaloni, strizzando un occhio contro il fascio di luce che attraversa l'unica finestrella in cima all'ingresso e gli colpisce la faccia di taglio. C'è un caldo d'inferno lì dentro.
– Mbeh, com'è stato?
Daniel non si è ancora mosso, sbracato sulla vecchia tovaglia impiastricciata con una certa aria di appagata svogliatezza.
– Se ci becca tuo padre mi spara. - considera André, spiccio, mentre si allaccia le brache.
Daniel lo fissa con insistenza, gli occhi che, come i capelli corti e scarmigliati, hanno rubato le grasse sfumature del miele di castagno.
– Se ci becca tuo padre spara anche a te. - gli fa notare l'altro, con un mezzo sorriso obliquo ed un guizzo vago delle sopracciglia biondastre, come i fili d'erba secchi in estate.
Non ottiene in cambio che uno sguardo fastidiosamente penetrante, sicché gonfia le guance e produce uno sbuffo prolisso, stringendosi nelle spalle.
– Non lo so, Dan, non è troppo diverso dal ficcarlo dentro a una femmina.
Il sorriso che gli propina è tronfio e spavaldo in maniera direttamente proporzionale al disagio che trasuda nei gesti. Abbottona la camicia a metà sul torace umidiccio e deglutisce.
Daniel ingoia la delusione con una smorfia di sussiego svogliato, ma si tira finalmente in piedi e, con flemma un po' ostentata e un po' indolente, recupera i calzoni appesi al chiodo.
André, intanto, lo sbircia tra le dita allargate della mano con cui sfrega la faccia. Daniel ha diciassette anni, un paio più di lui, ma l'altezza è già simile e Vandoosler ha spalle più larghe: fa scivolare uno sguardo indolente lungo la sua schiena e, quando la camicia gliela nasconde, strizza le palpebre per finire di stropicciarle con pollice e indice.
Sussulta, irrigidendosi meccanicamente, quando le dita dell'altro gli si appendono ai pantaloni per ficcarci dentro qualcosa.
– I tuoi soldi, puttana.
André cava sveltamente di tasca le banconote sgualcite, avvolte intorno a una pila di monete, contando sedici dollari e nove pesos. Affila un sorriso raggiante.
Merci, è un piacere fare affari con t-e.
Il bacio gli sbatte sulle labbra inaspettato, pietrificandolo per un momento.
Insegue il sorriso strafottente di Daniel con occhi neri e smarriti, un'espressione incerta che fa scoppiare a ridere il figlio del pastore Woolf- che scrolla le spalle, raggiungendo la porta del fienile per rimuovere l'asse di legno che la sbarra dall'interno.
– Non farti beccare mentre te ne vai.