Doc Kingston


30 marzo 2515 | Greenfield

L'ambulatorio è spazioso abbastanza da contenere quattro o cinque brande piuttosto scalcinate. Le finestre ampie dell'edificio a un solo piano lasciano filtrare la luce rossa del tramonto: affacciano sui prati rigogliosi di Televre, da una parte, dall'altra sul profilo roccioso e distante dei canyon che separano la regione Cajun di Greenfield dalla Buffalo County.
Nessun degente, i letti sono liberi e l'infermeria sonnecchia immersa in un silenzio placido e irreale.
O quasi.
– Auch, sorella. Mi fai male.
– Well, te lo meriti.
Charlene Kingston sfrega il tampone di garza sul viso di André, seduto sulla branda, con tutta la delicatezza ruvida di cui è capace- vale a dire non molta- disinfettando con cura il graffio profondo e sanguinolento che attraversa verticalmente il viso del profeta.
– Dici che era un tossico, fuck. Potrebbe anche averti attaccato qualcosa, visto che hai pensato bene di rotolarti nel suo sangue.
André stropiccia un'espressione sofferente, piuttosto infantile, riaprendo un occhio solo per scaricarle addosso uno sguardo di costernata innocenza.
– …ma Charlie, stava mo-ren-do. - scandisce bene, come dubitasse che la ragazza riesca a cogliere la gravità della situazione.
Non ci riesce.
– Lasciami una siringa di sangue, coglione, ti farò delle analisi.
Non c'è verso che nessuno, sulla faccia della terra, scambi per accidentale il modo in cui gli fa scivolare il tampone di garza imbevuta di spirito dentro una narice.
André starnutisce, strizzando le palpebre.
– Putain?
Charlie gli stropiccia in faccia un mezzo ghigno divertito. Poi coglie il nero umido e dolente dei suoi occhi, riaffiorati sotto le palpebre.
– Cosa, chiot? - gli pianta addosso gli occhi verdi, affilati come la lama di un bisturi. - Non è che ti è presa male questa storia del tossico mentecatto, mh?
André sbatte le palpebre.
– In che senso?
– …beh, nel senso che lui, tu … la droga.
– …
– …
– Che c'entra la droga, scusa, ti ho detto che è morto sgozzato.
Charlie lo squadra da cima a fondo, soppesando l'espressione smarrita e stupefatta sul suo viso magro, mal rasato, che ha passato l'ultima mezz'ora a ripulire faticosamente di ogni traccia di sangue.
Spiegazza un sorriso storto e scuote la testa, sbuffando aria dalle narici.
– Niente.
– Sai, - André prende per buono il suo "niente" e chiude gli occhi, aspettando che Charlie getti via la garza sporca di sangue e gli applichi il grosso cerotto bianco. - Per un attimo avevo pensato di farlo io. Di ucciderlo, sai … - sgrana vagamente gli occhi. - Ce l'hai una sigaretta?
Charlie pesca fuori dal taschino della camicia a quadri una confezione di tabacco naturale della zona. Glielo passa assieme alle cartine e il profeta comincia a girarsi una sigaretta, con le sue dita lunghe e nervose, masticandosi le labbra.
– Perché ti dispiace tanto, allora?
Lui le scarica in faccia un'occhiata disorientata.
– Hun?
– Che sia morto.
– Oh.
André torna ad abbassare lo sguardo sulla sigaretta, passando la lingua lungo la striscia di colla prima di rispondere, strascicando la voce lungo l'accento sbavato di Shadetrack.
– Non lo so. - confessa, stringendosi nelle spalle - I mean, la vita non è da buttare finché sei vivo, nay? Non sapremo mai se quel tossico sarebbe rimasto un derelitto o avrebbe fatto grandi cose, ed è morto senza motivo. Il ragazzo…
Charlie lo interrompe, arricciando il naso come se l'avesse raggiunta un odore sgradevole.
– Perché non gli hai sparato in testa? Sembra un tipo pericoloso.
Andre stira le labbra, rovesciandole in faccia un'occhiata ridente.
– Per essere un medico sei drastica, sorella.
– Giusto. - Charlie si stringe nelle spalle, - Ma gli assassini schizzati mi danno lavoro solo quando le loro vittime sopravvivono.
Il profeta si piazza in bocca la sigaretta e le porge il palmo aperto; Doc Kingston ci deposita sopra l'accendino.
– Non se lo merita. - le spiega, accendendosi la sigaretta.
– Cosa, di morire?
– Mmh. - sputa fuori una prima colata di fumo, annuendo. - Credo che, dopotutto, questa vita sia il suo Purgatorio.
Charlie gli propina un'occhiata scettica, recuperando il tabacco per girarsi una sigaretta.
– …e secondo te la morte cosa sarebbe, una liberazione?
Andre si stringe nelle spalle, contemplandola con l'aria vacua, allucinata, che il medico ha imparato a riconoscere come il sintomo di un qualche pensiero profondo.
– Per qualcuno lo è.
– Fuck, grazie. - smotta, abbozzando una smorfia tra lo scettico e il contrariato. - Secondo te allora io che sarei, un fottuto diavolo carceriere?
Il profeta quasi si strozza, sputando fuori un grumo di fumo e ilarità.
– Nay, sorella. Tu sei un angelo.
– Aah, fottiti. - incastra la sigaretta in bocca e si riprende anche l'accendino. - Dovrai pagarmi, prima o poi. - borbotta sul filtro, poco credibile.
Andre si stringe nelle spalle e passa oltre.
– Tua sorella come sta?
– Brian? E' fuori sistema per un trasporto, dovrebbe tornare a giorni.
– Bien. - Il profeta si alza e tasta il cerotto che gli copre una porzione abbondante del viso, infastidendolo visibilmente. - Salutamela, e grazie di …
– Il sangue, chiot.
– Hun?
Charlie si volta, recuperando dal cassetto un hypospray e una fialetta vuota. Con la mano libera lo spinge a sedere, disinvolta e autoritaria, come se fosse un bambino.
André alza gli occhi al cielo, gemendo melodrammatico.
Oh, fuck, you're a fuckin' bloodhound.
Poi ferma la sigaretta fra i denti e si accinge a sollevare la manica della camicia imbrattata di sangue.